Numero 191, pag 7 - Luglio 2015

C’era una volta, tanto tempo fa,

un paese nel quale  Sua Maestà

teneva nel pugno la sorte

del popolo tutto e della corte,

 

decidendo incondizionatamente

del destino di tutta la gente.

In un mattino dal cielo cupo e nero

nacque nella mente sua un pensiero:

dare vita a riforme senza spese

per trasformare l’intero paese.

Fu così che si formò la Compagnia

delle opere fatte in allegria

e ridendo e scherzando su che fare,

in primis si decise di tagliare.

Tagliare, venne subito chiarito,

ciò che risultava non gradito

a Sua Maestà ed alla Compagnia,

tipo, ad esempio, la democrazia.

Taglia a destra, taglia a manca,

la Compagnia non era mai stanca,

a terra giacevano avvizziti

quei diritti che parevano acquisiti.

Tra il popolo qualcuno, con coraggio,

tentò di fare un mesto ripescaggio,

ma fu tacciato dalla comunicazione

d’esser fautore di restaurazione

ed i nemici primi individuati

furono gli obsoleti sindacati.

Anche l’antica Costituzione

intralciava la neo rivoluzione;

che il lavoro ne fosse il fondamento

era un’idea smarrita nel tempo.

Il nuovo avanzava a spron battuto,

oramai si licenziava per statuto:

tutti, escluso Sua Maestà,

dovevano provar precarietà.

Ma la riforma vera era una sola:

da cima a fondo rivoltar la scuola!

E la Compagnia con grande impegno

si mise a scrivere di legge il disegno.

Più di cento pagine per la presentazione

e scoppiò il grande caos, la confusione.

Chi ci rientrava, chi restava fuori?

panico tra maestri e professori.

Si lesse fra le righe, fatto strano,

che diventava il preside un sovrano,

del grande potere investito,

di scegliersi il docente più gradito:

docile, mansueto, accondiscendente,

che si accontentasse di poco o quasi niente.

Ed ancora si lesse - incredibile visu -

che un comitato avrebbe deciso

a chi dare il premio di produzione:

questa sì, vera rivoluzione!

Risultavano tra i componenti

genitori ed anche studenti.

Ahimè, tanti ministri di ogni schieramento

per troppe riforme finite nel vento,

ed invece ci voleva così poco

per mettere la scuola a ferro e a fuoco,

annientare la scuola statale

si rivelò una cosa banale.

Un po’ di fondazioni, qualche emendamento

e finì la libertà d’insegnamento.

 

Per nostra fortuna Sua Maestà

ha governato tanto tempo fa,

fortunatamente una storia così

è accaduta lontano da qui (?!).

 

Chiara Moimas