Numero 217 - Ottobre 2023

La procedura informatizzata per le immissioni in ruolo per l’anno 2023/2024 è stata attivata in pieno mese di luglio, secondo una finestra aperta (è proprio il caso di dirlo) purtroppo per soli due giorni. Forse sarebbe stato bene concedere dei tempi più distesi e garantire una maggior disponibilità di tempo, visto il periodo estivo.

 

Il mio sindacato di riferimento, la Gilda FGU, lodevolmente presente anche d’estate, ha seguito con attenzione le procedure on line e nei giorni precedenti aveva già indicato utili spiegazioni ai miei dubbi sul futuro professionale. Come me c’erano insegnanti di vario ordine e grado la cui posizione in graduatoria rendeva possibile la chiamata in ruolo.

Fortunatamente la prima fase si è conclusa positivamente e noi docenti individuati siamo stati chiamati alla scelta della scuola dove saremo entrati in ruolo. Un momento tanto sospirato quanto di difficile raggiungimento, perché la scelta della provincia ha complicato non poco le esigenze di vita e gli impegni personali dei docenti, soprattutto coloro che si sono trovati a confrontarsi con l’entrata in ruolo in una provincia diversa da quella di residenza.

Una mia collega già di ruolo, è stata però allertata, poiché avrebbe ricevuto comunque un’altra convocazione per la nomina in ruolo specifica da un Concorso Ordinario precedentemente superato. Vale anche per la Graduatoria Provinciale ad Esaurimento. In quel caso anche la mia collega ha dovuto entrare in Istanze on line e rinunciare a tutte le altre province, altrimenti rischiava di ricevere un ruolo d’ufficio e di perdere quello già raggiunto.

Vietato dunque distrarsi! O almeno rilassarsi, anche dopo essere entrati in ruolo, perché il sistema può sempre rifagocitarti nelle sue schermate-gabbia in cui vige solo la logica informatica che non contempla il complesso e (purtroppo) variegato mondo del reclutamento scolastico.

La soluzione di tutto (secondo il Ministero) avrebbe dovuto essere l’algoritmo, il sistema informatizzato di assegnazione delle supplenze da Gae e GPS, che invece fa discutere e lascia spesso delusi i docenti. Il Ministero avrebbe spiegato che il problema è dato dal ritardo nelle operazioni delle assegnazioni provvisorie e delle immissioni in ruolo, specie sulle rinunce: in prima battuta si è verificata una mancanza di posti disponibili, con docenti che, pur avendo punteggi alti, sono risultati rinunciatari. Per il Ministero è stato necessario quindi anticipare di due settimane le operazioni che hanno creato poi i problemi nell’algoritmo delle supplenze.

Gli Uffici scolastici provinciali, che pubblicano i bollettini con le nomine, in queste settimane hanno dovuto fornire chiarimenti sul funzionamento dell’algoritmo, rispondendo in modo massivo ad una pioggia di diffide e segnalazioni da parte dei docenti.

Scampata agli ostacoli dell’algoritmo io sono finalmente entrata in ruolo in Veneto, regione che presenta un buon contingente, secondo una disponibilità di 4.790 posti, attestandosi come una delle regioni a maggior disponibilità.

Guida la classifica la Lombardia, con oltre 11.654 posti, seguono Emilia Romagna e Lazio, con circa 5.476 e 5.009 posti.

Immediatamente dietro al Veneto la Toscana, con i suoi 4.154 posti.

Fanalino di coda rappresentato da Basilicata e Molise, con soli 434 e 109 posti.

 

Per i docenti che invece vedessero il ruolo ancora molto lontano, a settembre c’è sempre la possibilità di presentare la MAD, messa a disposizione, per essere comunque reclutati a tempo determinato nel mondo della scuola.

Appare interessante il quadro dei dati offerto da una famosa rivista scolastica, che fotografa città affollatissime di aspiranti docenti, come Milano, Roma, Napoli e Torino, in cui ottenere un incarico sarà più difficile, per non dire quasi impossibile, accanto ad altre in cui gli aspiranti insegnanti potrebbero essere oggetto di un vero corteggiamento, considerata la scarsità, come a Mantova, Cremona, Rovigo, Belluno.

Vale la pena di prepararsi ad un cambio di vita in una provincia dalle dimensioni ridotte per approdare ad un posto di insegnamento?

Forse sì, se ciò rappresentasse una chance da giocarsi per il proprio futuro nella scuola, ma, francamente, viene da rimpiangere, come sostiene mia mamma, la modalità più umana di una volta, in cui entrare di ruolo era qualcosa che avveniva senza stress, con un margine di dialogo con la commissione che lo attribuiva in provveditorato, in cui si poteva essere meglio considerati come docenti e soprattutto come persone.

Annalisa Santi