Numero 209, pag 1 - Ottobre 2020

Un inizio d’anno così non s’era mai visto, per quanto potessimo prospettarlo difficile e problematico, la realtà ha superato di gran lunga l’immaginazione.

 

Tanto per cominciare vi è stato un grande ritardo nella nomina dei supplenti, in alcune province si è trascinato fino alla fine di ottobre, con le ripercussioni immaginabili nella formulazione e copertura dell’orario settimanale, nel garantire le sostituzioni in caso di assenza dei docenti, nell’avvio delle materie di insegnamento.

Si è trattato in realtà di una disgrazia annunciata, i problemi erano sorti già a monte, sulla piattaforma che doveva gestire le iscrizioni alle graduatorie e che aveva una serie di falle di sistema, fatto già di per sé grave. Inoltre l’ordinanza istitutiva delle GPS (graduatorie provinciali per le supplenze), in nome dei tempi stretti e dell’efficienza, prevedeva la pubblicazione diretta di graduatorie definitive, bypassando le graduatorie provvisorie che generalmente consentono la verifica e correzione di eventuali errori ed irregolarità, verificatisi puntualmente anche in forma massiccia. Ne è seguita la mancanza di trasparenza nella gestione delle correzioni (i candidati hanno inviato i reclami in autotutela ma non tutti sono stati accolti o hanno ricevuto risposta con buona pace del rispetto dei diritti dei lavoratori). Le rettifiche hanno bloccato le nomine generando a ritardi catena, quindi le scuole sono iniziate senza un’alta percentuale di organico (alcune realtà hanno raggiunto il 50%).

La pandemia inoltre ha reso possibile lo svolgimento delle nomine solo da remoto escludendo la partecipazione dei sindacati e la possibilità di vigilare sulle operazioni e quindi di tutelare i candidati. Stigmatizzabile quindi l’assenza di TRASPARENZA in tutte le fasi, disciplinate per lo più da algoritmi che non hanno mancato di rivelare i loro limiti.

Le relazioni sindacali si sono ridotte a tutti i livelli, da quello centrale a quello periferico. Più che ridotte, soprattutto a livello ministeriale si dovrebbero definire inesistenti o comunque, quando ci sono state, si sono rivelate del tutto inutili, perché la ministra ha messo le OOSS di fronte a decisioni già prese, evitando accuratamente ogni forma di confronto e questo è uno degli aspetti più preoccupanti del momento storico che stiamo vivendo.

La forte stigmatizzazione del dissenso, espressione legittima della democrazia, e una propaganda fatta di slogan ed annunci, hanno consentito al ministero di strumentalizzare la pandemia per imbavagliare i sindacati che quando hanno “osato” denunciare il comportamento scorretto della ministra sono stati prontamente accusati di sabotataggio. Si tratta di forme di comunicazione pericolose perchè cercano consenso nell’opinione pubblica per ridurre la democrazia.

Quindi si può dire che l’emergenza COVID, oltre ai problemi legati alla salute, sta creando nella scuola una situazione altrettanto perniciosa: la compressione della libertà, della democrazia, dei diritti civili.

In nome dell’emergenza e della fretta vengono calate dall’alto scelte imposte senza il necessario confronto sindacale, quindi senza possibilità di tutela dei lavoratori: DAD e DDI ne sono un esempio.

Il ricorso alla  didattica a distanza o didattica integrata (indipendentemente dalla valutazione che possiamo darne sotto il profilo tecnico e pedagogico), ha modificato da un giorno all’altro il modo di far scuola, senza che questo cambiamento potesse essere condiviso, che vi fosse una consultazione dei diretti interessati e il timore è che, una volta terminata l’emergenza, le scelte e le disposizioni rimangano e non vi sia possibilità di ritorno.  Si è approfittato del covid per introdurre in modo strisciante una riforma della scuola auspicata da una certa categoria di pedagogisti che sono molto più attenti ai tecnicismi della didattica che agli aspetti sostanziali legati all’apprendimento e ai contenuti.

Ad ogni modo la DAD, introdotta ufficialmente dalla LEGGE 6 giugno 2020, n. 41 e disciplinata dalle Linee guida ministeriali per la didattica digitale integrata del 7 agosto scorso  non è ancora stata contrattualizzata; di conseguenza siamo di fronte alla ormai consueta incongruenza: da una parte una legge che impone la DAD e dall’altra un contratto che non la contempla.  Questa situazione obbliga gli insegnanti a  muoversi come equilibristi fra 2 piani:

- quello etico – che nelle situazioni di emergenza esorta all’attivazione  e alla ricerca di soluzioni anche a costo di sacrifici personali;

- quello giuridico – che esime perché l’orario e le mansioni sono materia contrattuale. Il contratto prevale sulla legge (la prevalenza è stata sancita dalla riforma Madia L 97/2016 che ha superato le disposizioni della Legge Brunetta in cui la norma poteva derogare i contratti).

A  questo punto le questione si pone in questi termini: in aprile i docenti si sono attivati in funzione di un’emergenza, così come l’intera società economica si è reinventata e ripensata; poi però sono seguiti vari mesi in cui il governo avrebbe potuto avviare, come richiesto dalle OOSS,  la contrattazione integrativa per disciplinare anche la DAD e dare un nuovo contratto (dal momento che è scaduto nel 2018). Invece questo è avvenuto nella ormai consueta modalità: proposta estremamente tardiva da parte dell’amministrazione che ha incontrato il consenso di due sole sigle sindacali e che pertanto non è ancora in vigore. In regime di vacanza contrattuale, nessuna prestazione è dovuta ma può essere erogata dai docenti come concessione. Da rilevare come le richieste dettate dall’emergenza purtroppo funzionino solo in via unidirezionale.

In materia di didattica il collegio docenti è sovrano, pertanto non ci possono essere piani scolastici per la DDI calati dall’alto dai dirigenti. Nel caso si creassero situazioni di questo tipo è opportuno che vengano immediatamente segnalate al sindacato il quale farà gli interventi opportuni.

Inoltre il piano scolastico per la DDI descritto nelle linee guida è previsto solo per la scuola secondaria di 2° grado.

Il caos generatosi in questo avvio di anno scolastico ha almeno avuto il merito di sensibilizzare l’opinione pubblica alle enormi carenze strutturali della scuola. Nonostante da mesi sia l’argomento di apertura dei vari notiziari e i riflettori vi siano costantemente puntati, la macchina politica, per tutta la durata dell’emergenza, non è riuscita a dare una risposta alle esigenze basilari:

- diminuire la concentrazione di studenti per classe;

- aumentare l’organico;

- aumentare il servizio di trasporti.

è stato fin troppo palese agli occhi di tutti come gli slogan propagandistici fossero del tutto vuoti di contenuti reali.

La chiusura della scuola per un’intera stagione ha messo in evidenza l’importanza della stessa, se la scuola si ferma, si ferma il paese, perché le famiglie non sono più in grado di organizzarsi. Purtroppo però questa presa di coscienza ha tutta l’aria di un’occasione mancata perchè della scuola è emersa solo la funzione assistenziale, non tanto l’aspetto legato all’istruzione ed educazione, di conseguenza il ruolo del docente ne è uscito ulteriormente svilito.

Michela Gallina