Numero 208, pag 3 - Febbraio 2020
Si tratta di un tema controverso quello che porta ad utilizzare permessi per motivi personali e ferie come un diritto sempre più variamente osteggiato dai dirigenti scolastici che pretendono di entrare nel merito delle motivazioni alla base della richiesta e usano la “concessione” come arma di ricatto sui docenti. Ogni tanto fortunatamente arriva qualche sentenza a far luce: negli ultimi tempi due: quella del Tribunale di Velletri e quella del Tribunale di Milano.
In entrambe il dirigente è stato condannato, per aver negato ad un insegnante di ruolo, la fruizione dei 6 giorni di ferie chiesti come permessi retribuiti per motivi familiari e personali. In particolare l’insegnante dopo aver beneficiato dei 3 giorni di permesso art. 15 co 2 del CCNL 2006-09 ritenne suo diritto attingere ai giorni di ferie per prolungare il permesso, come diritto soggettivo, nonostante il divieto della dirigente. Tale comportamento ha fatto sì che la dirigente avviasse un procedimento disciplinare nei confronti dell’insegnante ed irrogasse la sanzione. La docente è ricorsa avverso la sanzione ed ha ottenuto ragione: il giudice di Milano difatti ha annullato la sanzione e condannato l’amministrazione al pagamento di € 700, motivando la sentenza con il passaggio del contratto che non prevede discrezionalità da parte del dirigente nel negare quello che è riconosciuto come un diritto.
Ci auguriamo che questa sentenza ci spiani un po’ la strada, perché sono in aumento i dirigenti che erogano i permessi solo sulla base di simpatie, scambio di favori ecc.. I permessi e le ferie sono diventati uno strumento con cui alcuni dirigenti tengono gli insegnanti in uno stato di sudditanza continua.
M.G