Numero 204, pag 6 - Luglio 2018

Frequentemente i docenti ci chiedono quali possibilità ci siano di svolgere altre attività oltre alla docenza e se esistano delle incompatibilità con alcune attività particolari.

 

La normativa di riferimento è anzitutto:

  • l'art. 60 del DPR 3 del 1957
  • co 10 e 15 art 508 del D.L.vo 297/1994
  • co 56 e successivi art. 1 Legge 662/1996
  • art.53 della D.L.vo 165/2001

 

- Dall'art. 60 e co 10 DPR 53 si evince, come regola generale, il divieto per i dipendenti pubblici di svolgere qualsiasi attività commerciale, industriale e professionale e di assumere cariche in società a scopo di lucro a meno che non si tratti di incarichi assegnati dalla pubblica amministrazione.

 

- Il co 15 del TU dpr 297/1994 però introduce un'importante eccezione per gli insegnanti che esercitano libere professioni. Le libere professioni, a cui fa riferimento il decreto, sono solo quelle che prevedono l'iscrizione ad un albo. In questo caso l'unico limite è che le attività non devono essere “di pregiudizio all'assolvimento di tutte le attività inerenti alla funzione docente” e devono essere “compatibili con l'orario di insegnamento e di servizio”.

Sempre il co 10 prevede che debbano essere previamente autorizzate dal “direttore didattico o preside”, oggi dirigente scolastico. In caso di diniego è ammesso il Ricorso al “Provveditore agli Studi” (oggi Ufficio Scolastico Regionale ex art 6 D.P.R. n.347 del 2000 centro di responsabilità amministrativa al quale sono assegnate tutte le funzioni già spettanti agli uffici periferici). Ancora al co 10 troviamo: “Il personale di cui al presente titolo non può esercitare attività commerciale, industriale e professionale, né può assumere o mantenere impieghi alle dipendenze di privati o accettare cariche in società costituite a fine di lucro, tranne che si tratti di cariche in società od enti per i quali la nomina è riservata allo Stato e sia intervenuta l'autorizzazione del Ministero della pubblica istruzione”.

 

- L'art. 53 co 6 del D.L.vo 165/2001 prevede alcune attività che possono essere svolte da tutti i dipendenti pubblici:

  1. a) collaborazione a giornali, riviste, enciclopedie e simili;
  2. b) utilizzazione economica da parte dell'autore o inventore di opere dell'ingegno e di invenzioni industriali;
  3. c) partecipazione a convegni e seminari;
  4. d) incarichi per i quali è corrisposto solo il rimborso delle spese documentate;
  5. e) incarichi per lo svolgimento dei quali il dipendente è posto in posizione di aspettativa, di comando o di fuori ruolo;
  6. f) incarichi conferiti dalle organizzazioni sindacali a dipendenti presso le stesse distaccati o in aspettativa non retribuita;

f-bis) attività di formazione diretta ai dipendenti della Pubblica Amministrazione nonché di docenza e di ricerca scientifica.

Queste sono le regole per i dipendenti che lavorano a tempo pieno.

 

- Nel 1996, sono state introdotte norme che regolano il lavoro part time nella Pubblica Amministrazione e in tale occasione sono state introdotte delle eccezioni al generale divieto di svolgere attività commerciali, industriali e professionali. Va innanzitutto precisato che queste eccezioni riguardano solo il personale pubblico, compreso il personale docente, “con prestazione lavorativa non superiore al 50 per cento di quella a tempo pieno”.

Ferme restando le condizioni precedenti, il D.L.vo 165 al co 6 dall'art. 53, consente ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche in part time ed esercenti la libera professione di svolgere attività vietate ai dipendenti in full time, come lo svolgimento di incarichi retribuiti che non siano stati conferiti o previamente autorizzati dall'amministrazione (tutti gli incarichi anche occasionali non compresi nei compiti e dovere di ufficio).

Naturalmente queste sono le regole principali e generali, i casi specifici vanno poi considerati approfonditamente alla luce della normativa sopra indicata.

Innocenzo D’Angelo e Michela Gallina