Numero 202, pag 1-3 - Febbraio 2018
Dopo una lunga estenuante trattativa notturna, alle 7.45 del 9 febbraio 2018, i confederali hanno siglato il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro. Cgil, Cisl e Uil hanno firmato determinando quindi la maggioranza utile al licenziamento dell’ipotesi di contratto che ora attende il varo della Corte dei Conti. La Gilda degli Insegnanti non ha firmato, perché considera troppo misere le risorse stanziate che non consentono di colmare la forbice stipendiale tra il personale della scuola, penalizzato, e il resto del pubblico impiego, tuttavia si riserva di valutare la propria posizione dopo aver sondato il parere degli iscritti.
Dal punto di vista economico, gli 85€ medi (lordo Stato) di aumento pro-capite dovranno essere ripuliti togliendo il 24% oneri a carico dello Stato, l’11% di ritenute previdenziali a carico del lavoratore e l’IRPEF (in media del 30%); quindi a regime potremmo parlare di un netto pari a 40-45€ (a tal proposto si vedano le tabelle di seguito).
Come sempre, fin troppo evidente risulta il permanere di una scarsa valorizzazione economica del ruolo dei docenti e della scuola che si traduce poi in un atteggiamento molto più diffuso di perdita di status professionale e considerazione sociale.
L’obiettivo politico prefissatoci era quello di scardinare l’impianto della L 107/2015 “Buona Scuola” facendo transitare i fondi del bonus merito interamente nello stipendio degli insegnanti. Questa mossa avrebbe consentito contestualmente di incrementare le risorse economiche e al contempo limitare il balzello del potere conferito ai dirigenti di utilizzare discrezionalmente i premi e quindi di “comprare” il consenso dei docenti. L’operazione a nostro avviso è riuscita solo in parte e non certo in misura sufficiente perchè soltanto 80 dei 200 milioni del bonus per il merito sono confluiti nella retribuzione (nella RPD per la precisione, mediamente 4 € a testa) mentre tutto il resto è stato destinato alla contrattazione d’Istituto economica per la valorizzazione del personale. I 120 milioni residui verranno contrattati dalle RSU, circoscrivendo il potere discrezionale del DS, e questo invita ad una riflessione laddove in alcune scuole ci siano solo RSU del personale ATA.
Altro fattore valutato negativamente riguardo l’impossibilità di trasferire su stipendio tabellare (quindi con riscontro previdenziale) i fondi investiti per la card docente ed eliminare quindi la logica dei “premietti acchiappavoti”. Per questa operazione sarebbe stata necessaria una legge apposita ma men che meno ora, a camere sciolte c’è stata la possibilità di ottenere.
Dal punto di vista normativo il risultato ottenuto comunque non è completamente negativo dal punto di vista normativo. Considerando che si è trattato di una contrattazione sulla difensiva che doveva cercare di contenere i peggioramenti introdotti dalle due pessime riforme varate dopo l’ultimo contratto: la Riforma Brunetta e la Riforma Renzi, la trattativa serrata ha consentito di raggiungere importanti risultati per la parte normativa rispetto alla prima bozza presentata dal MIUR (deprecabilmente provocatoria) e di evitare le ricadute negative della legge 107 sul contratto.
Queste le osservazioni di primo acchito:.
- resta invariato l’orario di servizio (comprese le attività funzionali, le 40+40);
- non vengono introdotti compiti aggiuntivi obbligatori e non retribuiti né per la formazione, né per l’Alternanza Scuola-Lavoro;
- il Collegio dei Docenti mantiene la prerogativa di deliberare il piano annuale delle attività e non viene modificata la funzione docente;
- per quanto concerne la delicata materia disciplinare (le sanzioni conferibili dal dirigente scolastico), è stata rinviata ad una successiva sequenza contrattuale.
- per quanto riguarda la mobilità, il nuovo contratto introduce, per chiunque ottenga la titolarità su sede, il vincolo di permanenza triennale e questo aspetto è stato valutato molto negativamente alla nostra Organizzazione.
Per tutto quello che non è stato scritto nel nuovo contratto, rimane in vigore il precedente. Dovremo quindi far riferimento a due contratti perché in più di 8 anni (di vacanza contrattuale) l’amministrazione non è riuscita ad elaborare un unico testo.
In estrema sintesi: tutto come prima, con qualche elemosina in più.
Ad ognuno le proprie valutazioni sull’impellenza con cui il Governo ha voluto premere sull’acceleratore della firma in fase pre-elettorale, la Gilda come sindacato autonomo, non ha voluto regalare uno spot propagandistico all’attuale governo.
Dovremo ora valutare se procedere comunque ad una firma tecnica che ci consenta di partecipare ai tavoli di contrattazione ai vari livelli: nazionale, regionale e provinciale e soprattutto di essere presenti nelle singole istituzioni scolastiche a supporto delle RSU. La non firma definitiva infatti ci escluderebbe dalla partecipazione sindacale riducendo di molto i vantaggi della rappresentatività, soprattutto considerando che la prossima sequenza contrattuale riguarderà le sanzioni disciplinari dei docenti, un argomento troppo delicato per vederci assenti.
Michela Gallina