Numero 202, pag 5-6 - Febbraio 2018
La sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato N. 11 del 20.12.2017, che esclude i diplomati magistrali dalle Graduatorie ad Esaurimento nelle quali erano stati inseriti a seguito dei ricorsi accolti in via cautelare dal TAR del Lazio, rappresenta una tegola caduta sulla testa a più di 45mila docenti a livello nazionale che rischiano di diventare gli esodati della scuola. Si sta creando una vera e propria emergenza sociale.
L’esito di questa sentenza ha un effetto immediato per i ricorrenti esaminati nel corso dell’adunanza del 15 novembre ma influenzerà le sentenze di merito del TAR del Lazio, come pure quelle presentate al Capo dello Stato, che ancora non sono state discusse, quindi è predittiva dell’esito di tutti i ricorsi. Questo fatto avviene dopo due anni di posizioni ondivaghe del TAR Lazio che ha più volte accolto e poi respinto le istanze, mentre il Consiglio di Stato finora aveva sempre espresso giudizi favorevoli, generando aspettative ed illudendo gli interessati, soprattutto coloro che lavorano nella scuola da 10-20 anni da Graduatorie di Istituto. Precisiamo che alcuni hanno perfino lasciato il lavoro a tempo indeterminato presso le scuole paritarie per accettare il ruolo con riserva o anche solo l’incarico annuale nella scuola statale.
L’ulteriore grande problema nasce dall’incrocio del dispositivo di sentenza con i dettami della L. 107/2015 (Buona scuola), il comma 131 dell’art. 1 della legge 107/2015, recita: “dal 1 settembre 2016, i contratti di lavoro a tempo determinato stipulati con il personale docente, educativo ed A.T.A. presso le istituzioni scolastiche ed educative statali per la copertura di posti vacanti e disponibili non possono superare la durata complessiva di 36 mesi, anche non continuativi”. A partire dal 1° settembre 2019, gran parte dei coinvolti, avendo maturato i 36 mesi di servizio successivamente al 1° settembre 2016, non potrà più stipulare ulteriori contratti a tempo determinato perché la soluzione che il Governo Renzi ha trovato è quella di licenziarli, ovvero non nominarli più, per non doverli assumere in ruolo (a seguito delle disposizioni della Corte di Giustizia Europea che vieta la reiterazione di contratti a tempo determinato). Sta per essere scritta una delle pagine più tristi della storia della scuola italiana, laddove ci sono posti vacanti che non vengono messi a ruolo a causa dei tagli all’istruzione, decine di migliaia di persone che vogliono insegnare, ed attualmente lo stanno facendo, saranno lasciate a piedi. Non si capisce neppure chi potrà salire in cattedra nei posti vacanti della scuola primaria e dell’infanzia a partire dal 1° settembre 2019 e garantire il regolare servizio. A fronte di questo caos, denunciamo l’inerzia del MIUR, più volte sollecitato dai sindacati a sanare la situazione con intervento normativo, per non aver provveduto a considerare nessuna delle ipotesi suggerite dalla nostra organizzazione sindacale e ci lascia perplessi anche la pubblicazione tardiva di questa sentenza a ridosso dello scioglimento delle Camere e a fine legislatura.
Considerando che la maggior parte dei ricorrenti ha ben più di 36 mesi di lavoro precario alle spalle, vogliamo sottolineare come lo sbandierato “Piano straordinario di assunzioni” non abbia di fatto sanato il problema del precariato storico, è insopportabile questa abitudine di fare propaganda elettorale giocando con la vita delle persone!
E’ sconcertante anche la posizione del Consiglio di Stato che con la sentenza N. 11 del 20.12.2017 ha contraddetto se stesso.
Ripercorrendo in sintesi quanto avvenuto, possiamo dire che le aspettative nei ricorrenti sono state generate da un primo parere del CDS (il n. 03813/2013 del 11/09/2013 a seguito dell’Adunanza di Sezione del 5 giugno 2013) con cui veniva riconosciuto il valore abilitante del Diploma Magistrale acquisito prima del 2002 facendo riferimento all’applicazione di una Direttiva comunitaria, parere formalizzato con il DPR 25 marzo 2014 che ribadiva il valore abilitante del diploma.
A seguito di queste disposizioni, ai successivi aggiornamenti delle Graduatorie ad Esaurimento, i diplomati magistrali facevano richiesta di essere inseriti nelle Graduatorie, richiesta che veniva respinta dall’amministrazione, da cui l’impugnazione dell’esclusione avanti al TAR del Lazio che accoglieva il ricorso con sospensiva cautelare imponendo all’amministrazione l’inserimento con riserva dei ricorrenti.
Negli anni scolastici 2016-2017 e 2017-2018 gli insegnanti sono stati nominati da Graduatorie ad esaurimento su incarico annuale, alcuni sono stati assunti in ruolo ed hanno anche superato l’anno di prova.
L’esito della plenaria che esclude dalle graduatorie ad esaurimento i docenti ricorrenti ha come conseguenza il fatto che questi, il prossimo anno scolastico (2018-19), lavoreranno da Graduatorie di Istituto (nel caso abbiano prudentemente provveduto a presentare domanda), ma al 31.08.2019 gran parte di loro avrà maturato il limite massimo dei 36 mesi di contratti a termine dopo il 1° settembre 2016, per cui non potrà più stipulare né contratti a tempo determinato né accedere al ruolo.
Per questo si rende necessario un intervento politico, un decreto che vada a sanare la situazione.
Fra le proposte che unitariamente i sindacati hanno proposto vi sono le seguenti:
- l’Istituzione di una 4^ fascia nelle Graduatorie ad Esaurimento dove far confluire i diplomati magistrali in modo che non scavalchino quelli che già vi erano inseriti precedentemente (a seguito di concorsi e lauree o percorsi abilitanti), ma allo stesso tempo consenta gradualmente lo sbocco al ruolo.
- un concorso riservato non selettivo (per chi ha effettuato almeno tre anni di servizio).
- l’accesso all’ultimo anno del FIT (il nuovo percorso di reclutamento) con colloquio valutativo finale.
Auspichiamo che, con la nuova legislatura, si giunga per tempo ad una soluzione politica, unica in grado di ricomporre gli interessi contrapposti dei precari storici delle GaE scavalcati e diplomati magistrali. L’inerzia dell’attuale governo ha fatto sì che si scatenasse la guerra tra i poveri anziché trovare una soluzione conciliativa rispettosa dei diritti di tutti. In caso contrario, oltre a trovarsi a gestire un problema sociale, alcune regioni del nord a partire dall’a.s. 2019-20 non avranno più insegnanti da mettere in cattedra per la scuola primaria, così come si evince dalle tabelle diffuse dal MIUR. Michela Gallina