Numero 202, pag 6 - Febbraio 2018

Gent.mo PdC Matteo Renzi,

non ci può essere Buona Scuola se gli insegnanti non sono in salute. Da anni cerco, attraverso le pubblicazioni su La Medicina del Lavoro (N°5/2004 e N°3/2009 etc), di fare presente la questione. Francia e UK hanno raccolto i dati e si sono accorte che quella dei docenti è la categoria a più alto rischio suicidario. In Francia l’insegnante ha uno psichiatra di riferimento.

 

E l’Italia cosa fa? Non raccoglie dati nazionali sui docenti ma attua riforme previdenziali senza valutare le condizioni di salute della categoria, in barba all’art.28 del DL 81/08 (che tra l’altro prevede la prevenzione dello stress lavoro correlato che – guarda un po’ – non è stato finanziato con un solo euro). Non è quindi un caso se le diagnosi di inidoneità all’insegnamento sono all’80% di natura psichiatrica, mentre le laringiti croniche – per le quali paradossalmente si riconosce la causa di servizio a differenza delle precedenti – sono 5 volte meno frequenti.

Abbiamo inoltre un corpo docente più che maturo (51 anni di età media) e all’82% costituito da donne (che in quel periodo sono fisiologicamente in menopausa e dunque esposte a un rischio di depressione quintuplicato rispetto alla fase fertile). Tutto ciò è bellamente ignorato, sommersi come siamo da stereotipi sugli insegnanti (a proposito, come medico non posso che riconoscere che le ferie per loro rappresentano un necessario periodo di “convalescenza”).

Ci sarebbe poi da parlare della formazione dei dirigenti scolastici, le cui incombenze medico-legali sono tanto numerose quanto a loro stessi sconosciute: le istituzioni infatti non li formano in merito ai loro doveri, né controllano che gli stessi attuino la prevenzione e il monitoraggio dello stress lavoro correlato.

Eccoci quindi ad accontentare l’opinione pubblica con qualche articolo su insegnanti che “sclerano” alzando voce e mani sugli alunni, oppure a far leggere del suicidio di qualche docente zelante.

Per queste ragioni ho deciso di attivare per i docenti una pagina (www.facebook.com/vittoriolodolo) dove distribuire i miei studi scientifici ai docenti, nonché gli articoli di cronaca (nera) sui misfatti dei docenti: per far accrescere la consapevolezza dei rischi di un mestiere bello ma usurante, dove la relazione con la (stessa) utenza avviene in modo insistito, per più ore al giorno, tutti i giorni, per 9 mesi all’anno, per cicli di 3/5 anni. Solo in famiglia (altra agenzia educativa) il rapporto è più insistito che nella scuola. E infatti, lì, non mancano i casi di cronaca nera raccapriccianti. Nella scuola questo non è finora accaduto e probabilmente lo dobbiamo a quell’82% di donne che costituiscono il corpo docente. La donna tende infatti a sfogare la propria rabbia attraverso l’autoaggressività anziché l’eteroaggressività. Ma non è il caso di abusare di questa fortuna, perché l’argine potrebbe improvvisamente cedere.

L’attenzione al genere e all’età del lavoratore è peraltro prevista all’art.28 del DL 81/08, ma la donna in Italia non conta, sia essa casalinga sia essa insegnante, in barba all’8 marzo che in fondo è già archiviato.

Ci può dunque essere Buona scuola se i docenti stanno male?

A lei la risposta, caro PdC.