Numero 201, pag 4 - Novembre 2017

Grande allarmismo ha creato la sentenza n. 21593/2017 del 19 settembre 2017 della Corte di Cassazione, che ha condannato docenti e Dirigente scolastico per la morte di un alunno investito da un mezzo all’uscita di scuola mentre si recava a raggiungere lo scuolabus al di fuori delle pertinenze scolastiche.

L’allarme creato ha immediatamente allertato i dirigenti scolastici che, per mettersi al riparo da qualsiasi forma di coinvolgimento penale, hanno posto il divieto agli studenti fino ai 14 anni di tornare a casa autonomamente, sollevando una serie infinita di polemiche e strumentalizzazioni. Dobbiamo innanzitutto precisare che tale sentenza, sia pur esemplare, riguarda una situazione particolare, riferita a quell’istituzione scolastica che, incautamente, aveva inserito nel Regolamento di Istituto l’obbligo per gli insegnanti di accompagnare gli studenti anche al di furori delle pertinenze scolastiche fino al pulmino, dilatando quindi i doveri al di là di quanto previsto dallo stesso Contratto di Lavoro. Nel caso specifico l’insegnante era venuto meno all’obbligo di vigilanza. Una volta approvato, il Regolamento di Istituto diventa prescrittivo, ma per evitare guai di questo tipo è sufficiente attenersi ad alcune norme semplici e di buon senso.

La responsabilità civile è affidata principalmente alla famiglia attraverso l’esercizio della patria potestà; la famiglia delega parte della patria potestà alla scuola per un periodo limitato di tempo.

La responsabilità civile dei docenti che ne deriva ha dei precisi limiti di spazio e tempo: lo spazio è legato alla scuola e alle sue pertinenze, il tempo all’orario di servizio. Per il resto il docente, come qualsiasi altro adulto, è responsabile dei minori che dovessero essere presenti. La responsabilità è tanto maggiore quanto più il bambino è piccolo.

La situazione però è complicata dall’art. 591 del C.P.: “chiunque abbandona un minore di anni 14 ovvero…(altre situazioni) è punito con la reclusione da 6 mesi a 5 anni. La pena è della reclusione da 6 mesi a 5 anni se dal fatto ne deriva una lesione personale ed è da 3 a 8 anni se ne deriva la morte. Le pene sono aumentate se il fatto è commesso dal genitore, dal figlio, dal tutore ecc”. Ricordiamo che il Codice Penale esiste da 80 anni e quindi niente è variato di recente, semplicemente si è creata una situazione per la quale è stato prepotentemente richiamato in causa. In base al C.P., è rischioso lasciare che gli studenti tornino a casa da soli perché può configurarsi una situazione di “abbandono di minore”.  Pronta è stata la reazione polemica delle famiglie che rivendicano giustamente il diritto di educare i loro figli ad un’acquisizione progressiva e graduale di un’autonomia personale, ma i genitori che avanzano questo tipo di richiesta sono gli stessi che, in caso di sinistro non esitano ad avviare cause le quali poi portano alla condanna delle istituzioni e dei loro rappresentanti diretti. Ecco quindi che si è venuto a creare un circolo vizioso dal quale solo un decreto legislativo può liberare definitivamente. Si chiede al Governo infatti una norma che consenta di affrancare la scuola da responsabilità (al di fuori degli orari di servizio e delle pertinenze scolastiche) considerando valide le liberatorie rilasciate dalle famiglie. Al momento, nel Dl “Fsico” il Governo è impegnato nella discussione dell’emendamento Marcucci proprio su questo tema. Attenzione però: in assenza di tale provvedimento normativo, le eventuali liberatorie anziché essere un esimente per la scuola, rischiano di diventare un aggravante, infatti dimostrano che l’istituzione è al corrente della mancata custodia del minore e quindi può essere chiamata in causa in caso di sinistro.

La raccomandazione che facciamo nell’interesse di tutti, è quella di porre particolare attenzione alla stesura e alla conoscenza del Regolamento di Istituto, T.U. n. 297/94 all’art. 10 c. 3, il Consiglio di Circolo o di Istituto, fatte salve le competenze del Collegio dei docenti e dei Consigli di intersezione, di interclasse e di classe, ha potere deliberante, su proposta della Giunta, per quanto concerne l’organizzazione e la programmazione della vita e dell’attività della scuola nelle seguenti materie: adozione del Regolamento interno per la vigilanza degli alunni:

- durante l’ingresso;

- durante la permanenza nella scuola;

- nonché durante l’uscita dalla medesima”.

I criteri guida di tale regolamento sono contenuti nella C.M. 105 del 16/04/75.

Inoltre è bene avere come riferimento l’altro documento normativo di riferimento: il CCNL! All’art. 29 co 5 “Attività funzionali all’insegnamento” infatti indica i criteri di vigilanza sugli alunni all’entrata e all’uscita da scuola.

Per assicurare l’accoglienza e la vigilanza degli alunni, gli insegnanti sono tenuti a:

  1. a) trovarsi in classe (sarebbe stato meglio scrivere “in aula”) 5 minuti prima dell’inizio delle lezioni;
  2. b) assistere all’uscita degli alunni medesimi.”

Se l’insegnante deve trovarsi “in classe” e non nell’atrio o nel cortile, chi dovrebbe allora occuparsi della sorveglianza dal momento in cui gli alunni varcano la soglia delle pertinenze scolastiche a quello in cui entrano in classe?

E chi dovrebbe vigilare sugli alunni non prelevati dai familiari a seguito di ritardi?

L’Area A dello stesso contratto, riferita alle mansioni dei collaboratori scolastici), specifica testualmente quanto segue:

tale personale è addetto, ai servizi generali della scuola con compiti di:

- accoglienza e di sorveglianza nei confronti degli alunni, nei periodi immediatamente antecedenti e successivi all’orario delle attività didattiche e durante la ricreazione;

- vigilanza sugli alunni, compresa l’ordinaria vigilanza e l’assistenza necessaria durante il pasto nelle mense scolastiche;

- collaborazione con i docenti.” 

Se non fosse ancora sufficientemente chiaro, sottolineiamo che il contratto estende nel tempo l’obbligo di sorveglianza per i collaboratori scolastici ma non per i docenti. Perché allora i docenti si sentono in obbligo anche quando il loro orario di servizio è terminato, mentre il personale ATA no?

Il DIRIGENTE SCOLASTICO inoltre è chiamato in causa perchè deve coordinare gli interventi ed organizzare il tutto.                    Michela Gallina