Numero 198, pag 3-4 - Febbraio 2017

Nel corso del mese di gennaio 2017, scadevano i 18 mesi dall’entrata in vigore della 107,  entro i quali il Governo doveva approvare le deleghe contenute nell’art. 23 "Delega al Governo in materia di sistema nazionale di istruzione e formazione". Si tratta di decreti legislativi finalizzati alla riforma di differenti aspetti del sistema scolastico che ora dovranno essere discussi nelle Commissioni Parlamentari.

Alcuni contenuti destano già una serie di perplessità. Di seguito le riflessioni di Giuliana Bagliani e Chiara Moimas.

 

ZERO-SEI - Percorso integrato

Era l'ultimo decennio del secolo precedente quando decisi di rivolgermi al Provveditore agli Studi (allora autorevole figura del Ministero della "Pubblica" Istruzione) della mia provincia per chiarire la problematica delle attribuzioni delle mansioni assistenziali al personale operante nelle scuole materne. Il Provveditore confermò, in forma scritta, che non spettavano agli insegnanti, ma al personale ATA.

Questo per ricordare l'inizio della stesura di una serie di normative mirate a trasformare quello che era "l'asilo"  inteso come luogo di assistenza ed aiuto alle famiglie nella "scuola dell'infanzia", primo gradino del sistema di istruzione nazionale, con finalità formative ed educative e ribadire il ruolo didattico-educativo rivestito dai docenti.

La scuola dell'infanzia, in concomitanza con questo periodo di positive riforme, ha vissuto una stagione di crescita qualitativa che avrebbe, però, avuto bisogno di ulteriori supporti organizzativi, per permettere il raggiungimento degli ambiziosi obiettivi prefissatisi.

Così purtroppo non è stato, la scuola dell'infanzia è riuscita ad affermare la propria importanza nel ciclo educativo ed a ottenere anche riconoscimenti, grazie soprattutto (e lo abbiamo sistematicamente confermato) alla buona volontà ed allo spirito di abnegazione dei docenti preparati e competenti.

Ma adesso che cosa si vuol fare di questa scuola dell'infanzia?

Che cosa si può leggere tra le righe di uno schema di decreto legislativo che nel confermarne la permanenza all'interno del sistema educativo nazionale la colloca contemporaneamente in un integrato sistema riguardante anche la cura e la temporanea assistenza dei bambini da zero a sei anni?

Il primo campanello di allarme è stata la mancata assunzione di docenti su potenziamento nella scuola dell'infanzia: qualcosa di inconcepibile, dove se non all'infanzia c'è costante bisogno di personale per far fronte alle esigenze dei bambini (e va considerato che si assottiglia anche la presenza di collaboratori scolastici)?

La promessa è stata lo svuotamento delle GAE dopo l'approvazione della delega sul sistema integrato 0-6.

Attendiamo, ma non è possibile negare che molte sono le insidie.

Dopo la catastrofe annunciata che si è avuta nella scuola nel corrente anno scolastico a seguito dell'applicazione della legge 107 (la buona scuola) non ci si aspettava certo un disegno di legge chiaro, coerente, funzionale al miglioramento dell'offerta formativa, ma leggere il testo sul quale dovrebbe fondarsi la riforma zero-sei lascia alquanto interdetti.

La scuola dell'infanzia è vista come anello di congiunzione tra il sistema dei nidi e la scuola primaria ed è quello che accade attualmente, ma nel D.LGS si parla di creazione di poli dell'infanzia che in un unico plesso o in edifici vicini (possono essere costituiti anche presso direzioni didattiche o istituti comprensivi) possano accogliere bambini fino ai sei anni di età per offrire esperienze progettate nel quadro di uno stesso percorso educativo. Tali Poli si caratterizzano quali laboratori permanenti di ricerca, innovazione, partecipazione ed apertura al territorio, anche al fine di favorire la massima flessibilità e diversificazione per il miglior utilizzo delle risorse, condividendo servizi generali, spazi collettivi e risorse professionali.

" E qui casca l'asino!!

Primo: l'insegnante di scuola dell'infanzia che  partecipa alle attività previste dal calendario degli impegni approvato nel collegio dei docenti del quale fa parte dovrebbe svolgere ULTERIORE ATTIVITA' FUNZIONALE per la progettazione con il personale del sistema integrato (del quale, del resto, fa anche parte)? Se sì, avrebbe un aggravio di lavoro e se invece non fosse più tenuta a partecipare alle attività degli organi collegiali sarebbe come dire che non ne fa più parte.

Secondo: la medesima domanda può essere posta anche per le attività di aggiornamento.

Terzo: il D.LGS prevede che anche gli educatori del sistema integrato preposto alla cura dei bambini fino a tre anni debbano essere in possesso di una laurea in Scienza dell'Educazione classe L19 o di una laurea in Scienze della Formazione (la medesima dei docenti di infanzia e primaria). Nei nidi gli educatori svolgono anche mansioni assistenziali e quei momenti previsti di condivisione di risorse professionali a che cosa ci vogliono portare? Purtroppo ad andare, se necessario a sostituire un operatore del nido facendosi carico delle sue mansioni.

C'è indubbiamente confusione nella collocazione della figura professionale del docente di scuola dell'infanzia e 

temiamo che non sia dovuta a clamorosa svista o a poca conoscenza della realtà scolastica.

La poca chiarezza favorisce la realizzazione di realtà ibride che, sottoposte al costante imperativo dell'emergenza e della contingenza, diventano consuetudine priva di regolamentazione.

Non accettiamo il discorso che le assunzioni nella scuola dell'infanzia siano necessariamente collegate alla realizzazione del progetto zero-sei, poichè evidente è la necessità di generalizzazione della scuola dell'infanzia sul territorio.

Non accettiamo un disegno di legge che dequalifichi la professionalità dei docenti.

Riteniamo che la scuola dell'infanzia debba rimanere il primo gradino del sistema di istruzione nazionale e che non debba essere coinvolto nella pericolosa deriva di un servizio svolto a richiesta individuale e a pagamento dell'utenza.

Non condividiamo lo "schema di D.LGS recante istituzione del sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita sino a sei anni" inserito come delega all'interno della L. 107 "la buona scuola" perchè non condividiamo la L.107 che sicuramente "buona scuola" non è.

Chiara Moimas

 

ZERO-SEI bis

Nella Delega del Governo, che verrà sottoposta al Parlamento, si parla di “Sistema Integrato”. Si vorrebbe, infatti, riconoscere il valore educativo e non soltanto assistenziale delle Istituzioni impegnate con i bambini di questa fascia di età: micro-nido (fino ai primi 3 mesi), nido (dai 3 mesi ai 3 anni) e vera e propria scuola per l’infanzia (com’è già) dai 3 ai 6 anni.

La parola “Integrato” indica la volontà di dare continuità fra le tre fasi.

Aggregabili alla scuola dell’infanzia sono anche le “sezioni primavera”, già esistenti per chi le aveva scelte con una delibera del Collegio dei Docenti.

Per garantire la continuità e favorire le relazioni tra “pari” verrà chiesto anche al personale educativo, come già ai docenti dell’infanzia, un percorso di formazione universitaria per una migliore qualificazione.

Sono proposti, accanto alle scuole statali e paritarie anche “Poli per l’infanzia”, meglio se costituiti nello stesso edificio, da programmare tra le Regioni e gli Uffici Scolastici Regionali, in accordo, aumentando la ricettività e facilitando la continuità educativa di cui si è già detto.

La spesa per i “Poli per l’infanzia” dovrebbe essere sostenuta dall’INAIL. (ma non si occupa di infortuni sul lavoro?)

Si riconosce che già dal 1968 si è voluto estendere il servizio per queste fasce di età in tutta Italia, ma si deve constatare che esiste ancora un divario notevole fra le Regioni del nord Italia e quelle del sud; vi provvedono: lo Stato per il 63 %, gli Enti Locali per il 9 % ed i privati per il 28 %.

Anche per questo, si prevede un sostegno alle famiglie più bisognose, per abbassare le rette normalmente richieste (valutabili intorno al 20 %), naturalmente, esibendo il Modello ISEE. La richiesta sarà accettata soltanto per i nidi accreditati e per quelli comunali.

Questo appare come un progetto del nuovo Ministro … ma in realtà è perfettamente sovrapponibile a quello presentato dalla senatrice Francesca Puglisi, del PD, nel 2014 e ripreso pari-pari dalla Legge 107/2015.

Tutto ciò scritto, con Relazione Illustrativa e Tecnica, Analisi Tecnico-normativa di diritto interno e Analisi di impatto della regolamentazione, allegati all’Atto del Governo sottoposto a parere parlamentare, trasmesso il 16 gennaio 2017.

Pagine e pagine ….. ma la montagna ha partorito un topolino.

Guardiamo la sostanza: la senatrice Puglisi aveva calcolato che il progetto necessitava, per la sua realizzazione,  di 1 miliardo e 559 milioni di euro.

Il progetto attuale impegna 310 milioni.

Faranno le nozze con i fichi secchi?

Giuliana Bagliani

 

 

BESTIARIO nei Decreti delegati

Sulla “Promozione della cultura umanistica” si leggono norme che vorrebbero “privilegiare la conoscenza del patrimonio culturale italiano”. (Anche linguistico?)

 

Ma nella “Relazione illustrativa” sul “Diritto allo studio”, dove vogliono incentivare la “mobilità sostenibile” (degli studenti, ma forse anche dei docenti e persino dei Dirigenti scolastici), prefiggono iniziative di piedibus (non pedibus, alla latina?), di car-pooling, di car-sharing, di bike-pooling e di bike-sharing.

Viene un dubbio: che la “Conoscenza del patrimonio culturale italiano” non sia stata pretesa da chi ha scritto le norme sul “Diritto allo studio”?