Cari colleghi,
sono un'insegnante di ruolo e ho sentito dire che esiste la possibilità, per chi ha il coniuge all'estero, di poter chiedere un'"aspettativa per ricongiungimento al coniuge all'estero". Vorrei capire se è una strada che posso percorrere anch'io, per quanto tempo, se ci sono restrizioni rispetto al tipo di lavoro del coniuge che dà diritto a questa opportunità e quali conseguenze mi comporti. Mio marito lavora all'estero ma non è un dipendente statale.

In attesa di un riscontro, vi ringrazio per l'aiuto.

Marianna F.

Cara Marianna,
esiste proprio la possibilità di chiedere l'"aspettativa per ricongiungimento al coniuge all'estero", ma, come certamente saprai, l'aspettativa interrompe tutto: stipendio, contributi e carriera, dunque ti consente semplicemente di conservare il diritto al rientro nel tuo posto di lavoro. Qualora l´aspettativa dovesse protrarsi per più di un anno, «l´amministrazione ha facoltà di utilizzare il posto corrispondente ai fini delle assunzioni»; in tal caso, al rientro dall´aspettativa il docente viene collocato in soprannumero con diritto al recupero del posto non appena se ne verifichi la disponibilità.

Il docente in aspettativa senza assegni per ricongiungimento al coniuge all´estero conserva lo status di dipendente della P.A. ed è soggetto a tutti gli oneri che ne derivano, salvo quello della prestazione del servizio. La Legge 25 giugno 1985, n. 333 (estensione dei benefici di cui alla legge 11 febbraio 1980, n. 26 , ai dipendenti statali il cui coniuge presti servizio all’estero per conto di soggetti non statali) ha previsto che, ai fini dell’aspettativa, il lavoro del coniuge possa anche essere non statale:

“il dipendente statale, il cui coniuge presti servizio all’estero per conto di soggetti non statali, può chiedere il collocamento in aspettativa a norma della legge 11 febbraio 1980, n. 26”. L’aspettativa può durare per tutto il periodo di servizio all’estero del coniuge e non ha un limite legale di durata.

Per ciò che invece riguarda i documenti da produrre si è del parere che se il lavoro del coniuge all’estero è alle dipendenze di soggetti statali, può bastare anche un’autocertificazione; se il datore di lavoro è invece un soggetto privato, sarebbe meglio produrre la documentazione attestante l’attività svolta.