Numero 192, pag 1-7 - Novembre 2015

A seguito della sentenza della Corte Costituzionale che ha condannato lo Stato Italiano per il protrarsi del blocco dei contratti del pubblico impiego (il nostro è scaduto nel 2009), il governo ha dato avvio, molto "spontaneamente" alle azioni propedeutiche alla contrattazione nazionale. La nuova stagione però si apre già all'insegna di preoccupazioni e malumori. Innanzitutto prima di procedere è necessario attuare le disposizioni contenute nella Legge di Riforma della P.A. che porta il nome di Brunetta, la tristemente famosa L. 150/09. Questa prevede la triennalizzazione dei contratti che diventano al contempo normativi ed economici.

Non sarà più possibile separare i due aspetti e questo creerà una forma subdola di ricatto: aumento salariale in cambio dell'accettazione coatta delle nuove condizioni di lavoro. Inoltre l'apertura della contrattazione nazionale è vincolata ad una preliminare ridefinizione del numero dei comparti che li riduce da 12 a 4.

Dal 2009 ad oggi nulla è stato riformato in tal senso ed ora questo scoglio rischia di ritardare significativamente i tempi perchè l'accorpamento, producendo una serie di ricadute sugli equilibri interni alla P.A., continuerà ad incontrare resistenze. Diversamente dagli altri sindacati, la Gilda auspica una revisione tradotta nella possibilità di organizzare i comparti  non tanto sulla base del contesto lavorativo (comparto scuola, sanità e così via) bensì sull'omogeneità delle funzioni esercitate dalle figure professionali. Potrebbe crearsi finalmente la condizione per parlare di comparto della docenza come area di contrattazione separata, una battaglia storica della nostra associazione.

Ma al di là degli ostacoli burocratici, un dato di fatto fa sorgere dubbi rispetto alle reali intenzioni, da parte del governo, di riaprire la contrattazione: lo stanziamento presentato nella Legge di Stabilità licenziata dal Consiglio dei Ministri il 15 ottobre scorso. Per il comparto della scuola sono stati destinati 300 mln di euro, che produrrebbero un aumento procapite in busta paga pari mediamente a 7 euro lorde al mese, ovvero poco più di 4 euro nette. Da parte di un esecutivo che ha sempre dichiarato di schierarsi per la valorizzazione dei docenti suona veramente come l'ennesimo schiaffo alla categoria, una proposta provocatoria ed offensiva della dignità professionale. Il rischio reale che i docenti corrono, a fronte di questo aumento ridicolo, è quello di subire ulteriori attacchi ai diritti, in poche parole un aumento delle richieste e un peggioramento delle condizioni di lavoro. Se questo dovesse essere lo scenario, il Coordinatore nazionale minaccia il rapido naufragio della contrattazione: meglio conservare le attuali condizioni di lavoro che recepire gli aspetti peggiorativi introdotti dalla L107/2015 (la Buona scuola) in cambio di pochi spiccioli.

La riapertura dei contratti dal punto di vista normativo presenta infatti non poche insidie e motivi di preoccupazione, basti pensare al termine ricorrente nella 107 riferito ad una FLESSIBILITA' oraria e professionale. Dove può condurre? Ad un aumento dell'orario di lavoro? Ad una reperibilità per le sostituzioni? All'istituzione della famigerata banca ore? Ad un'estensione, forse persino estiva, del periodo lavorativo? Ed ancora, nella 107 troviamo l'indicazione che nell'organico dell'autonomia tutti i docenti possono essere utilizzati per: insegnamento (anche supplenze), potenziamento, sostegno, organizzazione, progettazione, coordinamento. Ma chi deciderà cosa il docente dovrà fare? E' prevista anche la possibilità di insegnare in ordini di istruzione diversi da quello di appartenenza e, in caso di mancanza di personale in possesso di abilitazione specifica, anche l'insegnamento di materie per le quali i docenti non sono abilitati, naturalmente tutto questo in nome di un miglioramento della qualità!

Altro importante nodo da sciogliere sarà quello legato alla struttura della nostra carriera economica. La Gilda degli Insegnanti si batterà affinchè l'esperienza professionale continui a rappresentare un valore e, per tanto, ad assicurare la progressione stipendiale sulla base dell'anzianità di servizio, avversando ogni forma di meritocrazia fasulla sulla falsariga di quella proposta in un primo momento nel Disegno di Legge, aspetto che, a seguito delle proteste, è stato cassato.

La Buona scuola, derogando alle disposizioni contrattuali, introduce una nuova forma di aggiornamento: obbligatorio, permanente e strutturale. Quello che ancora si ignora sono le modalità e i tempi di svolgimento dello stesso. Quante ore dovranno essere destinate? Saranno liberi gli insegnanti di scegliere una formazione legata ai loro interessi e/o affinità alla materia che insegnano? Sarà un'occasione di formazione o semplicemente l’ennesimo business per i formatori?

Ci auguriamo infine che una nuova tornata contrattuale possa riconsiderare la disciplina dei permessi del personale assunto con contratto a tempo determinato per porre fine alla perequazione discriminante rispetto a quello di ruolo; ad oggi infatti i precari non possono fruire di permessi retribuiti, uno dei… “tanti” privilegi dell’attuale contratto scuola!

Michela

Gallina