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Redazione

Segreteria Nazionale

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

 

Gustavo ZAGREBELSKY Presidente

Valerio O NIDA Giudice

Carlo MEZZANOTTE "

Fernanda CONTRI "

Guido NEPPI MODONA "

Piero Alberto CAPOTOSTI "

Annibale MARINI "

Franco BILE "

Giovanni Maria FLICK "

Francesco AMIRANTE "

Ugo DE SIERVO "

Romano VACCARELLA "

Paolo MADDALENA "

Alfonso QUARANTA "

 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 2 della legge della Regione Valle d'Aosta 14 novembre 2002, n. 23 (Disposizioni in materia di personale del Dipartimento delle politiche del lavoro dell'Amministrazione regionale), promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, notificato il 31 gennaio 2003, depositato in cancelleria il 10 febbraio 2003 ed iscritto al n. 12 del registro ricorsi 2003.

Visto l'atto di costituzione della Regione Valle d'Aosta;

udito nell'udienza pubblica del 9 marzo 2004 il Giudice relatore Annibale Marini;

uditi l'avvocato dello Stato A. L. per il Presidente del Consiglio dei ministri e l'avvocato G. F. F. per la Regione Valle d'Aosta.

Ritenuto in fatto

1.– Con ricorso notificato alla Regione Valle d'Aosta in data 31 gennaio 2003 e depositato in data 10 febbraio 2003, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha sollevato, in riferimento agli articoli 3, 51 e 97 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale, in via principale, degli artt. 1 e 2 della legge della Regione Valle d'Aosta 14 novembre 2002, n. 23 (Disposizioni in materia di personale del Dipartimento delle politiche del lavoro dell'Amministrazione regionale).

2.–L'articolo 1 della citata legge regionale prevede l'inquadramento nel ruolo unico regionale del personale assunto con contratti di lavoro di natura privatistica, a tempo indeterminato, presso il Dipartimento delle politiche del lavoro dell'Amministrazione regionale.

Il successivo articolo 2 dispone che il previsto inquadramento avvenga per mezzo di corsi concorso riservati a coloro i quali abbiano in essere il suddetto rapporto di lavoro a tempo indeterminato da almeno tre anni e siano in possesso dei titoli di studio indicati dalla stessa norma.

Le disposizioni sopra richiamate sono oggetto di censura proprio in quanto utilizzano, ai fini dell'immissione in ruolo, una «procedura interna riservata per il cento per cento a personale già in servizio».

Ciò comporterebbe, ad avviso del Governo, la violazione degli articoli 3, 51 e 97 della Costituzione, dai quali si ricava il principio inderogabile del concorso pubblico quale strumento di accesso ai posti di ruolo del pubblico impiego, a garanziadella eguaglianza di tutti i cittadini.

3.–La Regione Valle d'Aosta si è costituita in giudizio concludendo per l'inammissibilità – peraltro solo affermata – e, comunque, per l'infondatezza nel merito del ricorso.

La Regione resistente in punto di fatto chiarisce che il personale cui la norma si riferisce, originariamente reclutato, a seguito di un corso di circa 500 ore, con rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, era stato successivamente assunto con contratti di lavoro a tempo determinato di durata triennale, più volte prorogati ed infine trasformati, con delibera di Giunta, in rapporti di lavoro a tempo indeterminato. La nuova, più complessa, articolazione dei servizi per l'impiego – conseguente all'accentuato processo di regionalizzazione del settore – avrebbe successivamente indotto all'emanazione della legge regionale di cui si tratta, la quale si caratterizzerebbe dunque come provvedimento transitorio ed eccezionale, finalizzato a favorire il passaggio dal vecchio al nuovo modello organizzativo, senza alcuna progressione in carriera per il personale interessato, così da non contrastare, secondo la stessa giurisprudenza costituzionale, con i principi di eguaglianza e di buon andamento dell'attività amministrativa.

La pretesa violazione dei parametri costituzionali evocati dal Governo dovrebbe in definitiva essere esclusa «alla luce della speciale situazione dei soggetti cui la norma è rivolta» ed in considerazione della intrinseca ragionevolezza della disciplina censurata, volta a tutelare in via diretta «l'interesse organizzativo della pubblica amministrazione ad acquistare professionalità non altrimenti disponibili sul mercato del lavoro e necessarie all'ente per fronteggiare alcune specifiche esigenze istituzionali».

4.– Nell'imminenza dell'udienza pubblica entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative, insistendo nelle rispettive conclusioni.

Il Presidente del Consiglio dei ministri ribadisce che la legge impugnata, pur non dando luogo a progressioni di carriera, violerebbe comunque il dettato costituzionale che prevede il pubblico concorso quale strumento di accesso all'impiego pubblico, con conseguente lesione anche del principio di eguaglianza, realizzando un generalizzato ed acritico inquadramento in ruolo di chi già lavora, con rapporto di diritto privato, alle dipendenze della Regione.  

La Regione Valle d'Aosta sottolinea invece la legittimità – affermata dalla stessa giurisprudenza della Corte costituzionale –di deroghe alla regola del pubblico concorso che siano giustificate – come appunto si verificherebbe nel caso di specie – dall'esigenza di assicurare il buon andamento dell'amministrazione o di attuare altri principi di rilievo costituzionale destinati a garantire la peculiarità degli uffici di volta in volta considerati.

Considerato in diritto

1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri censura gli artt. 1 e 2 della legge della Regione Valle d'Aosta 14 novembre 2002, n. 23 (Disposizioni in materia di personale del Dipartimento delle politiche del lavoro dell'Amministrazione regionale), in quanto, prevedendo l'utilizzo, ai fini della immissione nel ruolo unico regionale, di una procedura interamente riservata a personale già in servizio con rapporto di diritto privato a tempo indeterminato, violerebbero sia il principio dell'accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni mediante concorso, sia il principio di uguaglianza di tutti i cittadini.

2.– La questione è fondata.

2.1.– Va premesso che – per quanto risulta dagli scritti difensivi della Regione – il personale di cui si tratta, in servizio presso il Dipartimento delle politiche del lavoro dell'Amministrazione regionale, è stato a suo tempo reclutato, all'esito di corsi formativi, dapprima con rapporti di collaborazione coordinata e continuativa e successivamente (in virtù di deliberazione di Giunta regionale del 14 dicembre 1989) con rapporti di lavoro di diritto privato di durata triennale.

Con altra deliberazione di Giunta regionale del 21 dicembre 1998, i suddetti contratti a tempo determinato – sino ad allora di volta in volta prorogati – sono stati trasformati, a decorrere dal 1° gennaio 1999, in rapporti a tempo indeterminato.

In tale contesto intervengono le norme impugnate in questa sede dal Governo, che prevedono l'inquadramento del suddetto personale nel ruolo unico regionale (art. 1), mediante l'espletamento di corsi-concorso totalmente riservati (art. 2).

Dalla ricostruzione dell'intera vicenda contrattuale e normativa risulta dunque che il personale cui le norme censurate si riferiscono non proviene dai ruoli di altra pubblica amministrazione né è stato originariamente reclutato o, in qualsiasi fase del rapporto lavorativo, selezionato con le procedure del pubblico concorso.

2.2.– Questa Corte ha costantemente riconosciuto nel concorso pubblico la forma generale ed ordinaria di reclutamento per il pubblico impiego, in quanto meccanismo strumentale al canone di efficienza dell'amministrazione (tra le molte, sentenze n. 34 del 2004, n. 194 del 2002 e n. 1 del 1999). Ha inoltre precisato che la regola del pubblico concorso può dirsi rispettata solo quando le selezioni non siano caratterizzate da arbitrarie ed irragionevoli forme di restrizione dell'ambito dei soggetti legittimati a parteciparvi. Si sottolinea altresì nella giurisprudenza costituzionale che il principio del concorso pubblico, pur non essendo incompatibile – nella logica di agevolare il buon andamento dell'amministrazione – con la previsione per legge di condizioni di accesso intese a consentire il consolidamento di pregresse esperienze lavorative maturate nellastessa amministrazione, tuttavia non tollera – salvo circostanze del tutto eccezionali – la riserva integrale dei posti disponibili in favore di personale interno.

Conformemente a tali principi risulta dunque palese l'illegittimità delle norme impugnate, in quanto prevedono una procedura di corso-concorso totalmente riservata a personale già in servizio presso la medesima amministrazione e non reclutato, a suo tempo, mediante pubblico concorso. Né i termini della questione possono ritenersi modificati per il fatto che il corso-concorso in questione non mira ad attribuire funzioni più elevate di quelle già espletate ma solo a trasformare rapporti contrattuali non di ruolo in rapporti di ruolo, senza alcun mutamento di funzioni.

Anche in regime di impiego pubblico privatizzato, infatti, il collocamento in ruolo costituisce la modalità attraverso la quale si realizza l'inserimento stabile dell'impiegato in un posto della pianta organica di una pubblica amministrazione, cosicché la garanzia del concorso pubblico non può che riguardare anche l'ipotesi di mera trasformazione di un rapporto contrattuale a tempo indeterminato in rapporto di ruolo, allorché – come si è detto – l'accesso al suddetto rapporto non di ruolo non sia a sua volta avvenuto mediante una procedura concorsuale.

Va, conseguentemente, dichiarata l'illegittimità costituzionale delle disposizioni di legge regionale denunciate dal Governo, in quanto lesive dei parametri evocati.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l'illegittimità costituzionale degli artt. 1 e 2 della legge della Regione Valle d'Aosta 14 novembre 2002, n. 23 (Disposizioni in materia di personale del Dipartimento delle politiche del lavoro dell'Amministrazione regionale).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 luglio 2004.

Depositata in Cancelleria il 6 luglio 2004  

 

 

 

 

 

 

 

 

 
     

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