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Redazione

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 GENNAIO 2007


SCUOLA DELL'INFANZIA

Dallo stagno alla palude

 

Il ministro ha gettato il sasso nell’acqua stagnante della scuola dell’infanzia e concentrici cerchi si stanno propagando investendo i docenti, gli altri operatori, le strutture scolastiche, gli organi collegiali, le famiglie, le istituzioni, gli enti locali ed i bambini.

Aspettavamo una brezza piacevole che increspasse l’acqua dello stagno rendendola limpida ed accattivante per il planare delle libellule…

La speranza in una scuola dell’infanzia, rinnovata e resa un luogo di crescita e di conoscenza adeguato alle esigenze dei bambini che accoglie, sta sfumando e prende sempre più concretezza la volontà di realizzare una scuola che rivela la sua preminente natura di luogo di custodia adatto molto più a risolvere problemi sociali che didattico - educativi.

La politica compie scelte che si inseriscono in un’ottica di opportunità di risparmio e non pensa che qualsiasi risparmio effettuato sul futuro dei nostri bambini non potrà che rivelarsi controproducente e nefasto.

Quello che fa veramente male è constatare la distinzione tra le parole della politica e le sue azioni:

- se il ministro si è sempre dichiarato contrario agli anticipi perché ha emanato la CM n. 74 sulle iscrizioni?

- Se ha sempre affermato di volere una scuola di qualità perché ha “buttato” ancora una volta gli anticipatari in sezioni di 28 alunni in assenza di nuove figure professionali?

- Se intende rivalutare la figura dell’insegnante perché dà vita ad una scuola parcheggio?

 

La C.M. n. 74 del 21 dicembre 2006 sulle iscrizioni è un prezioso esempio di imprecisione, di ambiguità ed eccelle nell’evidenziare omissione di responsabilità in chi dovrebbe assumersela.

Imprecisione ed ambiguità si rivelano nei passaggi della C.M. relativi alla possibilità di iscrivere bambini che compiono gli anni in gennaio e/o febbraio 2008 (quelli di gennaio da gennaio in poi e quelli di febbraio da settembre?) e per sopperire a ciò si rinvia ogni decisione alle istituzioni autonome.

Il ministro ha gettato il sasso. L’acqua si sta ulteriormente intorbidendo.

Scuole private o paritarie da tempo accolgono bambini di età inferiore ai tre anni e li inseriscono in sezioni di 28 bambini o anche più, questa non è notizia da prima pagina e non occorre essere economisti di fama internazionale o imprenditori d’assalto per capire che, nei territori in cui sono presenti realtà scolastiche statali e private, si instaura la concorrenza che gli economisti auspicano, ma che nella scuola si traduce in un danno irreversibile, in questo caso a scapito di quei poveri bambini costretti ad affrontare situazioni insostenibili per la loro età.

Si parlava di qualità, di eccellenza e sembrava che le scuole paritarie dovessero adeguare i loro standard a quelle statali che, logicamente, attendevano a loro volta ulteriori miglioramenti organizzativi.

Si sta assistendo, invece, ad un’involuzione; senza che nessuno lo scriva (nessun ministro lo farebbe) la scuola materna precipita nel regno della pura assistenza.

Gli insegnanti non vorrebbero dimenticare il percorso di studio, di entusiasmo, di innovazione didattica e metodologica che dagli anni 80 ad oggi hanno compiuto per traghettare la scuola dell’infanzia nell’empireo del sistema dell’istruzione.

Gli insegnanti aspettavano ancora qualche tassello necessario alla piena realizzazione del progetto:

- la diminuzione del numero di bambini per sezione

- l’incremento di operatori con funzioni assistenziali

- l’adeguamento del calendario scolastico della scuola dell’infanzia a quello delle scuole di ogni ordine e grado.

Non esiste motivo pedagogico - didattico atto a giustificare la frequenza anticipata dei bambini; esiste esclusivamente un bisogno assistenziale delle famiglie e lo spettro della perdita del posto di lavoro per i docenti.

Unicamente queste saranno le motivazioni che, in alcune realtà scolastiche (purtroppo sempre più numerose), indurranno ad accogliere bambini che probabilmente, per il periodo della loro permanenza, manifesteranno eclatanti sintomi di disagio: avranno sonno, ma non ci sarà la possibilità di dormire, avranno fame, ma dovranno attendere l’ora della refezione, avranno bisogno di attenzione, ma dovranno fare i conti con altri 27 bambini con la medesima esigenza, avranno desiderio di coccole, ma troveranno un insegnante con due braccia soltanto e poi, si sa, si faranno la pipì e quant’altro addosso e …

Chiara Moimas

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
     

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