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Redazione

Segreteria Nazionale

DICEMBRE 2007


Indicazioni per il curricolo?

Navigare a vista!

Derogare rispetto alle procedure “canoniche” che portano alla elaborazione di testi programmatici tradotti poi in regolamenti, sta diventando un’abitudine consolidata per i Ministri della Pubblica Istruzione che preferiscono perseguire, in alternativa, rapide scorciatoie per giungere alle “Indicazioni”.

Nessun insediamento ufficiale di una commissione composta da membri riconosciuti ed insigni esponenti del sapere e della pedagogia, nessun passaggio del testo al vaglio delle Commissioni Cultura di Camera e Senato, nessun parere del Consiglio nazionale della Pubblica Istruzione. Buone o cattive che siano le indicazioni queste sono, se vi pare, ma… anche se non vi pare, perché non si capisce bene fino a che punto siano prescrittive, o se sia solo una questione di tempo a renderle tali.

Così anche Fioroni non ha rinunciato a lasciare la sua impronta nella storia della scuola italiana, sfornando il suo testo programmatico per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo dell’istruzione che comprende scuola primaria e secondaria di primo grado.

Senza fornire i dovuti ragguagli con le “istruzioni per l’uso”, il ministro ha passato il testimone ai docenti con l’esortazione di leggere, studiare, provare ad APPLICARE ma con FLESSIBILITA’ e GRADUALITA’, in CONTINUITÀ con il programma svolto. Individuare pregi, limiti, produrre limature, correzioni, adattamenti… Come se la commissione avesse confezionato delle bozze da mandare in correzione prima della stampa definitiva prevista per il 2009. Gli insegnanti sono diventati dei “correttori di bozze”, fra le tante improvvisazioni che vengono richieste loro, una in più ci può stare, ma forse non era quello che i docenti intendevano quando chiedevano espressamente che la commissione fosse composta, in misura significativa, anche da chi la scuola la fa, la vive, la inventa giorno per giorno. La differenza sta nel fatto che chi insegna conosce i confini del “fattibile” e del “possibile” rispetto alle utopie e teorizzazioni, conosce i limiti di mezzi, strutture e non solo, entro i quali si svolge il lavoro quotidiano.

Sono trascorsi i primi mesi, quelli di studio, ora vedremo come procederà la raccolta dei dati, delle impressioni, delle osservazioni, come si inserirà l’INVALSI, quale sarà il suo ruolo in queste fasi di sperimentazione.

Indicazioni dunque come linee e criteri generali, con il rischio di sembrare delle cornici vuote; rispettose della libertà d’insegnamento (almeno questo viene dichiarato) che tengono conto degli orientamenti europei. Forse, però, nell’interpretazione autonoma delle singole realtà scolastiche, proprio in virtù della loro genericità, rischiano anche di frammentare quell’unitarietà comune auspicabile in una scuola pubblica statale che trasmettere i valori e i contenuti di una tradizione culturale nazionale.

In linea di massima le indicazioni tendono a ripristinare una centralità delle materie curricolari, viene ridata dignità ad italiano, matematica, scienze, storia, geografia, oltre alle già precedentemente sovrastimate inglese ed informatica. Il Ministro sembra dunque invertire la rotta rispetto alla filosofia precedente: la scuola non è più, o non è SOLO, un posto per bighellonare e divertirsi ma ANCHE un luogo per imparare e per imparare perfino quelle materie che notoriamente non sono delle passeggiate. Non possiamo che guardare con approvazione a questo tipo di scelta, pare, quanto meno, un tentativo di riportare un minimo di serietà e rigore in una realtà che è sempre più in balia degli eventi, delle mode, delle logiche dettate dal mercato e dal successo facile.

Nel testo, le materie vengono raggruppate in tre grandi aree disciplinari al fine di creare unitarietà del sapere: area linguistico-artisticoespressiva; area storico-geografica, area matematico-scientifico-teconologica in cui le educazioni non rappresentano “altro”, ossia strutture a sé stanti, ma si integrano alle discipline evitando la frammentazione del curricolo. Il principio è ottimo, bisognerà verificarne le possibilità applicative. Nonostante infatti i documenti di presentazione ed accompagnamento specifichino che le indicazioni non vanno ad influenzare l’orario degli insegnanti, di primo impatto, un’applicazione a regime sembra comportare uno sbilanciamento della quantità di tempo e contenuti previsti nell’area linguistico-artisticoespressiva, seguita da quella matematico-scientifico-teconologica rispetto a quella storico-geografica. Per la scuola primaria è come se questa organizzazione contenesse una forma di prevalenza dell’insegnante che si occupa della prima fra le aree elencate che da sola comprenderebbe: lingua italiana, lingua inglese, musica, arte-immagine, corpo-movimento-sport. Al docente interessato è richiesta davvero una preparazione a trecentosessanta gradi!

Per contro, l’ultima delle tre aree rischia di sembrare quella riservata all’insegnante “tappabuchi” che va a completare l’orario della classe.

C’è da augurarsi che i vari monitoraggi consentano poi di poter creare un bilanciamento più equo dei carichi di lavoro fra i diversi docenti onde evitare discriminazioni: insegnanti di serie A e di serie B..

Per il resto, le varie premesse introduttive sono dense di enunciazioni di grandi ed incontestabili principi quali: valorizzazione della persona in tutti i suoi aspetti compresi quelli emotivo-affettivi (e speriamo che anche gli insegnanti rientrino nella categoria delle persone da valorizzare), il senso di cittadinanza e il rispetto delle leggi, il rispetto delle altre culture e dell’ambiente.

Complessivamente non si propone nulla di nuovo, in ogni caso da decenni si riciclano le stesse idee con qualche adattamento alle emergenze: presenza di alunni straneri, integrazione dei disabili, appelli all’educazione alla legalità in conseguenza all’insorgere dei fenomeni di bullismo… Rispetto ai programmi del 1985 c’è un recupero di terreno a favore della relazione e del personalismo sul precedente tecnicismo.

Vi è un’analisi del contesto socioculturale che pone la scuola di fronte a grandi sfide, in primis quella di non essere l’unica agenzia culturale ed educativa e quindi di doversi reinventare un ruolo di supremazia fra i concorrenti, cercando di fornire gli strumenti perchè gli studenti possano organizzare e dare senso alle loro molteplici esperienze; ma è importante che nella mentalità e nel senso comune questa supremazia venga riconosciuta e ribadita, altrimenti la scuola non potrà competere con altre attrazioni in grado di offrire gratificazione immediata.

Infine guardiamo con preoccupazione al coinvolgimento delle famiglie: più che “caldeggiato” andrebbe “disciplinato”, dovrebbero essere chiaramente fissati i confini, i paletti perché non diventi un’ingerenza che sconfina in territori di esclusiva competenza degli insegnanti.

Michela Gallina

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
     

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