Home     In primo piano     Rubriche      RSU       Archivio      

     

 

 

 

Home-page

In primo piano

Rubriche

  • Autodifesa

  • normativa

  • Eventi

  • Dibattiti

  • Quesitario

  • Precari

  • Le migliori

  • Bestiario

R.S.U.

Archivio di SAM-notizie

Links

Comunica con noi

Redazione

Segreteria Nazionale

 

 

E adesso il presepe.

Sembra che la scuola statale non ne avesse già molti di problemi da affrontare.

Uno, quello dell’immigrazione, la sta coinvolgendo da anni e da anni, giorno dopo giorno, in maniera silenziosa la scuola, cioè gli insegnanti che vi lavorano, lo stanno affrontando.

I docenti sono lasciati sostanzialmente soli a gestire situazioni di emergenza e a programmare l’attività didattica per realtà non contemplate in nessun manuale.

Anno dopo anno hanno dedicato impegno e professionalità per rendere possibile il fare scuola in classi dalla fisionomia completamente trasformata.

E’ bastato seguire la trasmissione “Porta a porta”, nella quale un numero notevole di ospiti hanno accusato la scuola di denigrare la grande tradizione italiana del presepe, per rendersi conto, in termini numerici, di quale sia, oramai, la presenza di bambini stranieri, nelle nostre scuole statali.

Questi bambini, spesso, non conoscono la nostra lingua ed è necessario inventare strategie che permettano la comunicazione, in classi formate da 25 o 28 alunni che, logicamente debbono essere costantemente impegnati in attività; questi bambini non mangiano tutti i cibi che noi comunemente mangiamo, e la scuola fornisce menu personalizzati; questi bambini vengono da realtà che noi non sempre conosciamo ed hanno alle loro spalle storie e tradizioni che non sono le nostre, non sempre sono possibili presupposti comuni.

I docenti hanno lavorato in un’ottica di comprensione, di tolleranza, di fraternità, di amore e di rispetto: credevano di aver fatto bene, anzi lo hanno fatto perché convinti che questo fosse il bene per la scuola e per la comunità.

Hanno trascorso ore e ore a programmare attività che potessero coinvolgere tutti i bambini presenti, senza creare discriminazioni, aiutando chi si trovava in difficoltà, incentivando la partecipazione, demotivando la prevaricazione.

Credevano di aver fatto bene; anzi erano certi che questo si chiedesse  loro come dipendenti della scuola statale.

Le feste natalizie non si possono nascondere dentro un cassetto, le nostre città sono invase da luci ed alberi addobbati, la scuola chiude per due settimane: è una grande festa!

La festa di Natale era un’usanza in quasi tutte le scuole italiane, i bambini raccolti attorno all’albero intonavano un canto ed il luccichio delle lacrime dei nonni gratificava tutti i presenti.

Le coreografie erano spesso splendide e presupponevano un lavoro di mesi, l’annualità dell’evento richiedeva continua innovazione e così succedeva che di anno in anno si affrontassero temi particolari, quasi sempre riguardanti la fratellanza e la pace; accadeva che non si cantassero le canzoni natalizie tradizionali e che non ci fosse il presepio, ma nessuno ci faceva caso ed il luccichio delle lacrime dei nonni perdurava accanto a quello del flash delle macchine fotografiche.

Poi è arrivata la 626, una legge che impedisce la presenza all’interno dell’edificio di un numero di persone superiore a quello previsto ed ha spazzato via la grande tradizione della festa di Natale, così, in un soffio.

Adesso, in tante scuole si svolgono a porte chiuse.

Il presepio è una magia che incanta: ogni bambino rimane estasiato davanti alle case in miniatura, alla carta che diventa roccia, alla farina che si fa neve.

Non esiste per la scuola statale l’obbligo di allestire i presepi, ma i genitori che lo ritengono opportuno possono far vivere ai figli la magica atmosfera.

Le scuole il 22 dicembre chiudono i battenti e qualsiasi albero addobbato, qualsiasi presepe o qualsiasi personaggio dipinto su cartelloni rimane solo nel silenzio e nella penombra.

Ma fuori, nella vita di ogni giorno, il presepe racconta una storia, lancia un messaggio di amore ed umiltà.

Sta a noi coglierlo.

Chiara Moimas

 

 

 

 

 

 

 

 
     

Home      In primo piano     Rubriche      RSU       Archivio