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Categoria: Giugno 2022
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Numero 214, pag 1-2 - Giugno 2022

Il coordinatore nazionale Rino Di Meglio sta denunciando da mesi la vergognosa situazione che vede, per i dipendenti della scuola, un contratto scaduto da ormai tre anni e mezzo, quando già si sa che le retribuzioni degli insegnanti sono fra le più basse d’Europa, inutile ricordare questo triste primato. La situazione appare tanto più mortificante quanto più in contrasto con i pomposi enunciati propagandistici del governo rispetto alla scuola e alla necessità di valorizzare i docenti.

 

La Gilda degli Insegnanti chiede un contratto che recuperi il divario retributivo con il resto del pubblico impiego. In merito alla parte economica, riferendosi all’entità degli aumenti stipendiali, Di Meglio ha sottolineato che negli anni sono stati fatti passi indietro invece che avanti: infatti applicando la logica degli incrementi definiti in percentuale, chi aveva retribuzioni maggiori ha percepito di più in busta paga e chi aveva retribuzioni più basse è diventato ancora più povero. Adesso la forbice tra chi lavora nel comparto istruzione e gli altri dipendenti pubblici è diventata inaccettabile e la scarsità di risorse a disposizione dichiarate, per il prossimo contratto, non lascia intravvedere scenari ottimistici. Si parla infatti di 87 € lordi medi a cui vanno tolti 24 € di lordo stato, l’11 % di IRPEF per quindi arrivare a 40 € medi netti di aumento che non riuscirebbero nemmeno a compensare l’inflazione, ormai collocata al 6 %.

Nonostante questo sfregio, il ministro Bianchi pretenderebbe di introdurre nuovi obblighi per i docenti: la formazione anche finalizzata all’incentivazione economica di progressione di carriera, quindi con un aumento del carico di lavoro. Purtroppo dobbiamo constatare come non si punti mai a valorizzare l’insegnamento in sé, il lavoro in classe ma acquisti sempre maggiore visibilità e considerazione il “fare altro”.

Non si capisce neppure il motivo per il quale l’istruzione debba essere considerata la cenerentola del settore pubblico, l’atteggiamento di scarsa considerazione nei confronti della cultura e dell’educazione che dovrebbero invece essere il fulcro del paese, è molto preoccupante, i governi che alimentano indifferenza o, peggio, disprezzo verso l’istruzione non promettono nulla di buono, come diceva Calvino:

Un paese che distrugge la sua scuola non lo fa mai solo per soldi, perché le risorse mancano o i costi sono eccessivi. Un paese che demolisce l’istruzione è già governato da quelli che dalla diffusione del sapere hanno solo da perdere

Non si tratta comunque semplicemente di riconoscimento economico, anche se sappiamo come il prestigio di una categoria, all’interno di una società che dà molto valore alla ricchezza, passi inevitabilmente attraverso una retribuzione importante. La richiesta forte, per il prossimo contratto riguarda la tutela della libertà di insegnamento, caposaldo imprescindibile di una professione che deve essere svincolata da condizionamenti di qualsiasi tipo, da mode didattiche e ideologie del momento, senza la quale verrebbero a mancare l’autonomia di pensiero e il pluralismo che costituiscono in se stessi l’essenza e il senso della professione e di quello che può essere offerto alle menti in formazione. La libertà di insegnamento sancita dall’art. 33 della Costituzione, ha grosse implicazioni anche rispetto alla libertà di formazione dei docenti e sulla materia delle sanzioni, in attesa di definizione sul piano contrattuale. E’ inconcepibile che nella scuola i procedimenti disciplinari siano gestiti da un’unica figura, quella del dirigente scolastico, che svolge la funzione di inquirente e giudice ed è contemporaneamente parte in causa. Anche i docenti hanno diritto a un giudice terzo e nel contratto questo semplice e lapalissiano principio deve essere pienamente chiarito ed attuato. Negli ultimi anni infatti i procedimenti disciplinari sono stati l’arma di ricatto in mano ai DS per bloccare il dissenso ed imporre, in maniera velata, lavoro aggiuntivo, strumenti dunque che nulla hanno a che fare con la promozione della qualità dell’insegnamento.

Di Meglio denuncia inoltre il perpetuarsi di incursioni improprie da parte del Governo sulle materie di competenza contrattuale, chiede quindi paletti in grado di arginare la deriva verticistica in cui le regole di lavoro vengono cambiate continuamente, repentinamente e soprattutto unilateralmente dall’alto, evitando ogni forma di confronto democratico, con vere e proprie invasioni di campo da parte del legislatore. E’ un momento storico in cui si avverte una pericolosa compressione della democrazia, vengono scavalcati i passaggi che rendevano possibile il confronto e la condivisione, è come se stessimo facendo un salto indietro di più di 50’anni nella storia del diritto del lavoro, il tutto i nome di continue emergenze che sembrano sempre più urgenti della necessità di garantire i diritti del lavoro ad un paese civile. Negli ultimi 15 anni progressivamente, i sindacati sono stati scavalcati ed estromessi dalle loro funzioni, le decisioni sono state prese altrove, questo gioco politico ha creato il discredito nei confronti del sindacato anziché nei confronti della politica autoritaria. Il rischio è che la categoria riversi la frustrazione verso il bersaglio sbagliato, quindi possa non reagire a tutela dell’esistenza delle organizzazioni sindacati, abboccando così al tranello politico e rinunciando ad avere associazioni che si battono per la tutela della professione o anche solo per la denuncia e smascheramento di politiche pericolose.

Altra piaga inarrestabile nel panorama scolastico è la burocrazia che sottrae tempo, energie e qualità al lavoro dei docenti costretti ad investire più ore nel giustificare quello che fanno di quante non ne passino ad insegnare, un’aberrazione tutta italiana. Sburocratizzare la scuola è un imperativo che non può più essere rinviato.

Su questi capisaldi si sono mossi gli interventi del coordinatore nazionale presso l’ARAN, purtroppo al momento, rispetto alle fasi che caratterizzano la contrattazione siamo giunti solo alla pubblicazione dell’atto di indirizzo, ad un primo incontro ai tavoli conclusosi con un nulla di fatto ed un rinvio al mese di luglio. Il ritardo si cumula al ritardo.

Michela Gallina