Numero 214, pag 5 - Giugno 2022

Si è conclusa, nello scorso maggio 2022, l’elezione dei Delegati al Consiglio di Amministrazione del Fondo Espero. Ringraziamo tutti gli iscritti al fondo che ci hanno sostenuto con il loro voto.

Per chi ancora non avesse deciso se iscriversi o meno, vale la pena spendere alcune parole per illustrare cosa sia e a cosa serva.

 

Le pensioni pubbliche (quelle dei dipendenti statali per intenderci) costituiscono un sistema “a ripartizione”. Questo vuol dire che i contributi versati oggi dai lavoratori “attivi” vengono immediatamente utilizzati per finanziare i trattamenti da erogare a chi è in pensione, quindi ai lavoratori “non attivi”.

Questo sistema non è immune da rischi di natura finanziaria legati principalmente a:

  1. invecchiamento demografico del Paese (se i “giovani” pagano le pensioni dei “vecchi” ed i vecchi sono sempre di più, il sistema può andare in difficoltà);
  2. eccessivo innalzamento della spesa pensionistica che incide fortemente sul bilancio degli Stati (in particolare l’Italia che già con un alto rapporto Deficit/Pil).

Nel corso degli ultimi trent’anni il sistema è stato oggetto di varie riforme strutturali in particolare finalizzate a tre aspetti:

  • il progressivo controllo della spesa pubblica per pensioni, per evitare che la stessa assumesse dimensioni troppo elevate rispetto al Prodotto Interno Lordo (PIL);
  • l’istituzione di un sistema di previdenza complementare da affiancare a quello pubblico;
  • l’introduzione di alcuni elementi di flessibilità in uscita dal mercato del lavoro.

L’introduzione del sistema di calcolo “contributivo” determinato esclusivamente in funzione dei contributi versati nell'arco della vita lavorativa, inserito nella legge di riforma del sistema previdenziale (L.335/95 nota come “Riforma Dini”), fu la pietra miliare di questo cambiamento rispetto a quello precedentemente utilizzato (“retributivo”). Si tratta di un cambiamento che ha comportato riduzioni molto pesanti sull’entità della pensione e i cui effetti si stanno verificando adesso, a distanza di molti anni dalla riforma. A questa “rivoluzione epocale” del sistema vennero affiancati altri due pilastri previdenziali: i fondi integrativi pensionistici collettivi ed individuali, proprio per compensare il danno da impoverimento.

Per i lavoratori della scuola il fondo pensionistico integrativo si chiama “Espero” e nasce a seguito dell’emanazione dell’accordo istitutivo del 14/03/2001 fra le Organizzazioni Sindacali del settore (FLC CGIL, CISL Scuola, UIL Scuola, SNALS-Confsal, GILDA-UNAMS, CIDA) e l’ARAN e al successivo atto costitutivo del 17/11/2003.

L’adesione ad Espero comporta sicuramente una serie di vantaggi, quali ad esempio:

  1. Più capitale: non sostituisce la pensione di base, ma la integra con una tassazione agevolata. Gli importi versati al fondo pensione, sono entro determinati tetti deducibili dal reddito;
  2. Contributo datoriale: il datore di lavoro versa un contributo aggiuntivo dell’1% calcolato sullo stipendio lordo, che va a sommarsi ai contributi già versati dal lavoratore.
  3. Vantaggi fiscali: i contributi sono dedotti fiscalmente dal reddito complessivo e hanno una tassazione di favore. Possono essere previste anche ulteriori prestazioni quali: anticipazioni per spese sanitarie, acquisto prima casa per sè o per i figli, ristrutturazione, ecc. ;
  4. Costi contenuti: il Fondo non ha finalità di lucro e non deve quindi generare ricavi per soggetti differenti dagli associati.
  5. Gestione patrimoniale trasparente: gli organismi amministrazione e controllo sono eletti per il 50% dai lavoratori e per il 50% dalle amministrazioni datoriali. I contributi raccolti sono investiti da gestori specializzati e professionali, secondo criteri di etica e trasparenza. Il Fondo è sottoposto al controllo dell'Autorità di Vigilanza Covip.
  6. Prestazioni in rendita sul montante accantonato in varie forme (Vitalizia; reversibile fino al 70%; reversibile fino al 50%)
  7. Non ultimo, il Fondo dà la possibilità agli aderenti di visualizzare il contenuto del proprio portafoglio, il grado di rischio ed il rendimento.

C’è da dire che nel corso dell’ultimo trentennio in quasi tutti i Paesi europei si sono sviluppate forme pensionistiche integrative ed in Italia (paese a forte deficit) la previdenza complementare  ha rappresentato una scelta quasi obbligata sebbene molto “dolorosa”, non essendo più sostenibile il sistema meramente “retributivo” del passato.

Ma passati i primi effetti (anche di forte protesta sviluppatasi tra le parti sociali nel passato a valle delle ripetute riforme pensionistiche imposte dai vari governi, vedi non ultima la riforma Fornero DL 201/2011 convertito dalla Legge 22 dicembre 2011, n. 214) la scelta dei fondi pensionistici integrativi probabilmente rappresenta una strada pressoché obbligata per evitare un drastico ridimensionamento del tenore di vita del lavoratore, una volta uscito dal sistema “attivo”.

Viviana Iannelli e Michela Gallina