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Categoria: Marzo 2021
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Numero 210, pag 4-5-6 - Marzo 2021

AI TEMPI DEL CORONAVIRUS 

Esperienza di uno sportello in un istituto comprensivo

In questo momento più che mai i ragazzi devono essere informati sia sulle innumerevoli potenzialità degli strumenti digitali sia dei pericoli connessi ad un uso imprudente degli stessi e su questo tema è opportuno vengano sensibilizzati soprattutto i genitori che sembrano ancora sottovalutare i rischi di un uso incauto di internet.

 

In situazione di pandemia e di misure restrittive della libertà di movimento, la tecnologia digitale sta, almeno in parte, surrogando sia le relazioni dei ragazzi e dei bambini che l’istruzione. Ma è necessario essere consapevoli che le relazioni virtuali e la DAD possono appunto essere solo un “surrogato momentaneo delle relazioni reali e della scuola vera, permangono infatti tutte le riserve sull’uso massiccio del web e del digitale che esistevano prima del covid. Purtroppo il ricorso forzato e improvvisato alla didattica a distanza ha sdoganato l’uso dei dispositivi anche presso gli utenti più piccoli, fornendo alle famiglie un’idea ingenua di accessibilità e fruibilità estesa ed innocua del digitale, fino a confondere in modo fuorviante l’abilità tecnica dei ragazzi con la maturità. Le conseguenze stanno balzando ora agli occhi di tutti e si declinano in una serie di manifestazioni patologiche quali: ludo-dipendenza, cyberbullismo, sindrome di Hikikomori, depressione ed isolamento, comportamenti autolesionistici

In realtà i ragazzi vanno considerati alle prime armi anche se possono sembrare esperti. Sono veloci ed abili nell’utilizzo degli strumenti in quanto nativi digitali ma non necessariamente cauti e scaltri. Quindi l’uso dei dispositivi e del web non può e non deve prescindere da una forma di controllo da parte dell’adulto e da un’educazione graduale e progressiva alla prudenza e al rispetto della privacy propria ed altrui. Si tratta di insegnamenti che filtrano inevitabilmente attraverso l’esempio fornito dagli adulti.

Bambini e ragazzi sono spogliati delle precedenti forme di intrattenimento, svago, relazione e sport; la loro vita è cambiata, si è “ridotta” e compressa, è cambiato il loro mood, sta subentrando un senso di noia, di solitudine e tristezza oppure di rabbia, paura, rassegnazione, adagiamento; ognuno ha le sue reazioni in base al proprio carattere e situazione familiare. Appaiono nell’insieme molto più sofferenti, ansiosi e fragili, questo sta rendendo necessario, per la prima volta, l’uso di strumenti clinici anche in fase di semplice colloquio di consulenza. E’ come se la situazione di tensione e di allerta generale avesse slatentizzato ansie relative ad esperienze passate non risolte o non sufficientemente elaborate e le avesse riportate prepotentemente alla luce con tutta la loro carica emotiva; mi riferisco ad esempio a lutti familiari o separazioni dei genitori avvenute anni fa, apparentemente superate ma che invece irrompono improvvisamente, accompagnate da un corredo di angoscia e disperazione. E’ come se la pandemia fungesse da detonatore, amplificatore di vecchie paure.

Riscontro significativi sintomi di disagio anche negli adulti naturalmente, ma se la situazione generale indebolisce e rende insofferenti loro che sono strutturati, che hanno raggiunto e superato le tappe evolutive, a maggior ragione l’impatto su chi è in evoluzione risulta complesso e non è facile prevedere quali potranno essere le conseguenze a lungo termine.

Nonostante le famigerate “cattive compagnie” rappresentino l’ansia storica, uno dei fantasmi più terrificanti che si agitano nella mente dei genitori, tuttavia ancora molti di loro sottovalutano come il web possa rappresentare un pericolo. Di fatto in questo momento stanno diminuendo le occasioni per subire forme di bullismo fisico ma aumentano quelle di subire cyberbullismo. Se i genitori non vigilano sull’uso che i figli fanno del web non sanno con chi possano interagire dall’altra parte del monitor, l’anonimato o i falsi profili tendono a disinibire l’aggressività e la crudeltà in alcuni soggetti senza scrupoli perché difficilmente rintracciabili. I cyberbulli sanno su cosa far leva, dove colpire, quali sono i punti deboli e possono fare molto male perché le ferite invisibili, non sono come quelle fisiche, sono insidiose e perdurano nel tempo. Preso atto di come Internet sia stato l’unico veicolo di comunicazione durante il lock down che ha evitato l’isolamento aiutando a mantenere i contatti, i genitori si trovano a gestire un’enorme e nuova sfida: garantire i contatti sociali dei propri figli proteggendoli però dalle insidie, sfida rispetto alla quale sono spesso impreparati perché non ne possiedono esperienza diretta, sono scarsamente attrezzati in quanto i giovani, nativi digitali, hanno una maggior dimestichezza con la tecnologia rispetto agli adulti, quindi è del tutto comprensibile il senso di smarrimento che si trovano a vivere. Possono uscire da questo stato solo attraverso l’informazione ed anche la consulenza di esperti informatici, perché gli adulti hanno il dovere educativo e morale di vigilare sulle attività dei figli. Spesso le famiglie, quando si sentono inadeguate, tendono a delegare alla scuola funzioni educative che le sono proprie, abbiamo sentito frequentemente Crepet tuonare energicamente contro questo atteggiamento di delega. Un genitore, scosso dall’episodio della bambina siciliana morta a seguito della sfida intrapresa in una challege di tik-tok, mi ha chiesto cosa faccia la scuola per la giornata del cyberbullismo, gli ho fatto notare come il vero problema sia “cosa fa la famiglia”, perché il cyberbullismo non si verifica a scuola, la scuola è in assoluto il posto più sicuro, dove l’uso del telefonino è vietato e le regole vengono fatte rispettare con fermezza.

Il monitor piuttosto che il display possono essere ingenuamente percepiti dai ragazzi come una barriera di protezione, in realtà si tratta di vetrine affacciate sul mondo, chiunque può leggere, ascoltare, vedere quello che scrivono, filmano, postano e poi commentare. Se affidano al web confidenze personali (scambiando erroneamente l’uso del web con quello di un diario) possono ricevere sostegno ed incoraggiamento ma anche umiliazioni, denigrazioni spesso pesanti da parte di persone che infieriscono sulle loro paure e fragilità. L’effetto dell’umiliazione e vergogna è proporzionale al numero di spettatori e si sa che nel web la platea può essere pressochè infinita. Non è come venire offesi a tu per tu da una persona presente e reale rispetto alla quale è possibile esercitare un controllo e una reazione.

Devono perciò essere prudenti in quello che postano perché i potenziali visualizzatori di considerazioni, immagini e foto sono infiniti. E’ questa l’essenza del cyberbullismo, a cui i ragazzi e i bambini inconsapevolmente prestano il fianco proprio perchè confidano ed affidano le loro insicurezze, le loro immagini al web e se succede significa che utilizzano gli strumenti digitali al di fuori del controllo degli adulti e spesso hanno accesso ad app che non sarebbero consentite alla loro età.

Una ragazzina mi ha raccontato di aver postato su chat delle confidenze molto personali e mi ha poi detto: “Non so se mi posso fidare di dirle anche a lei e se davvero non le racconterà a nessuno”. E’ un esempio lampante di ingenuità ed inconsapevolezza che potrebbe costarle molto cara anche dal punto di vista reputazionale, infatti i commenti non sono tardati ad arrivare lasciandola in uno stato di prostrazione. Probabilmente pensa di parlare con il monitor come se fosse un diario, invece si ritrova su un palcoscenico di fronte ad un pubblico invisibile.

I ragazzi non sono strutturati per incassare attacchi pesanti che a volte schiacciano perfino gli adulti. Tra l’altro, a seguito della pandemia e delle restrizioni, si è anche accentuato sensibilmente il livello di aggressività generalizzato nelle persone, un’ovvia conseguenza del grado di frustrazione.

L’autolesionismo è aumentato, sintomo di sofferenza e disagio interiori ma anche frutto di condizionamento e mode che si diffondono rapidamente attraverso i social e che attecchiscono nelle personalità più fragili ed è anche una delle conseguenze delle mortificazioni da social. In molti casi (aumentati nell’ultimo anno) prende la forma del cutting, tagli su polsi, braccia e gambe che soprattutto le ragazze si praticano per soffocare, con il dolore fisico, un altro tipo di malessere inesprimibile a parole e allora si distraggono attraverso queste pratiche autolesionistiche che altro non sono se non un grido d’aiuto rivolto ai familiari,

Altro fenomeno riguarda la costruzione di una sorta di “bolla di sicurezza”, di “confort zone” precursore della sindrome di Hikikomori. Se i ragazzi sono timidi ed impacciati, aspetti di cui tra l’altro soffrono molto, dietro al filtro di un monitor possono sentirsi più audaci, sicuri, più padroni della situazione, ma questo non li renderà altrettanto sicuri quando prima o poi dovranno fare i conti con le relazioni reali, quelle faccia a faccia. I ragazzi che nel periodo di pre-pandemia vivevano stati di ansia sociale sono quelli che si trovano molto a loro agio nella privazione dalle esperienze di relazione dirette e si “adagiano” alle sole relazioni virtuali che trovano più rassicuranti, che consentono loro, in qualsiasi momento, di sottrarsi se la tensione aumenta. Questi ragazzi ora manifestano una completa assenza di desiderio di ritornare alle relazioni vere, quelle in cui ci si guarda negli occhi, ci si misura e sfida senza il filtro di un monitor o display e chissà se una volta terminata la pandemia avranno voglia di mettersi in gioco ed uscire dal guscio che si sono creati o se rimarranno intrappolati all’interno di questa “tana”. E’ come se il web colludesse ad alimentare il soggiorno in un mondo parallelo protetto e anche la situazione contingente ne stesse ostacolando l’emancipazione.

Da sempre le paure si sconfiggono affrontandole, non evitandole, l’esercizio affina le capacità, l’accettazione delle delusioni, delle brutte figure e il riuscire a dare una proporzione corretta all’entità di queste, a capire che non si tratta di catastrofi ma di passaggi superabili. E’ fondamentale distinguere episodi di ordinarie gelosie, rivalità, dispetti, conflittualità tra pari dal bullismo vero e proprio. I primi sono a tutti gli effetti dinamiche utili per imparare ad autoregolarsi, a reagire e a difendersi. I genitori dovrebbero aiutare i figli a ridimensionare il significato di questi eventi, invece il più delle volte soffiano sul fuoco schierandosi come avvocati e ingaggiando sfide con le famiglie della parte rivale facendone una questione personale, sostituendosi e non consentendo ai figli di perfezionare le loro capacità di reagire.

Altro fenomeno incrementatosi esponenzialmente rispetto agli anni scorsi, dovuto sia all’aumentato accesso ai dispositivi tecnologici, sia alle misure restrittive che hanno indotto situazioni personali di noia e forme depressive, è la dipendenza da messaggistica e da Videogiochi. Si tratta di comportamenti compulsivi, scatenanti reazioni

adrenergiche le quali, come spiega lo psichiatra Furio Ravera, generano una memoria di apprendimento all’interno di un circuito del piacere che associa l’uso del video-gioco all’esperienza di vitalità conseguente. La dopamina si fissa a livello neurochimico, cioè a livello di sinapsi, provocando una coazione a ripetere all’infinito il comportamento responsabile di sollievo e piacere. Si tratta dei prodromi di una possibile futura ludopatia che può sfociare in gioco d’azzardo. Vi risultano a rischio soprattutto i soggetti con personalità  premorbosa anedonica e anedonica inquieta. In sintesi: video-giochi, messaggistica, internet sono le nuove droghe che estraniano ed alienano dalla realtà chi ne è dipendente. Lo sperimentano i genitori nel momento in cui non riescono a distogliere i loro figli dalle interminabili sfide ludiche quotidiane. E’ chiaro che in questi casi porre limiti temporali, regole e divieti è assolutamente necessario ma non sufficiente. Bisogna essere in grado di proporre ed offrire delle esperienze ed attività sostitutive che consentano ai ragazzi di trovare altre strade meno distruttive per occupare il tempo e trarre soddisfazione, perché chi è vittima di questa trappola perde concentrazione, interesse per lo studio, interesse per le relazioni. Quindi i veri problemi alla radice sono la depressione, l’apatia, la solitudine che albergano nei ragazzi e possono sfociare in vari esiti.

Quali saranno gli effetti della pandemia a lungo termine sul DNA delle giovani generazioni non è dato a sapere, dobbiamo aspettarci forse un’ingestibile onda lunga di epidemie psichiatriche conseguenti alla pandemia da covid. La mancanza di attenzione alle fasce più giovani e fragili della popolazione da parte delle istituzioni e di intervento di supporto psicologico e/o sanitario crea un serio rischio di cronicizzazione dei disturbi. Il mio intento non è quello di dipingere scenari dai contorni inquietanti generando ulteriori paure in un contesto fin troppo popolato da angosce, bensì orientare l’attenzione pubblica a coloro che stanno transitando attraverso un delicato segmento dell’età evolutiva e in questo momento sono i grandi dimenticati, ma siccome saranno i cittadini di domani è bene che la società intera si prenda cura del loro benessere psichico che rappresenta l’unico vero investimento sul futuro.

Michela Gallina