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Categoria: Dicembre 2016
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Numero 197, pag 1-2 - Dicembre 2016

Il nostro Contratto Collettivo nazionale di lavoro, scaduto il 31 dicembre 2009, si compone di una parte normativa (contenente tutti i diritti e doveri che competono al personale della scuola) e di una parte economica: le retribuzioni stipendiali ed accessorie. Naturalmente un rinnovo contrattuale prevede una revisione di entrambi gli aspetti.

 

A soli 4 giorni da un importante appuntamento elettorale, e dopo ben 7 anni di vacanza contrattuale, il 30 novembre scorso è stata siglata un’intesa fra sindacati confederali e Ministro della Pubblica Amministrazione per il rinnovo dei contratti del pubblico impiego, un caso? Udite udite: 85 euro (lordi ovviamente) in più per i lavoratori del pubblico impiego… Qual è il senso di questo annuncio in cui si promettono soldi non stanziati nella Legge di Stabilità? Voilà, 85€ spuntano magicamente dal cilindro del prestigiatore. A quattro giorni da un referendum? Il Governo sembra pensare che gli insegnanti siano veramente un branco di ingenui sprovveduti!

I toni  trionfalistici della notizia lanciata con grande rilievo su tutti i media si giustificherebbero se almeno si fosse giunti alla firma di un contratto, si tratta invece di un’intesa preliminare, un accordo che potrebbe essere quindi rivisto e stravolto in qualsiasi momento, ma se ne parla come di un evento epocale, perché?

Fortunatamente questa sceneggiata non ci vede tra i protagonisti, sarebbe veramente imbarazzante dover giustificare le ragioni di tanta esultanza, dal momento che non sono state ancora poste le basi per poter avviare una vera contrattazione. Finchè infatti non sarà superata la Legge Brunetta che stabilisce una distribuzione degli stipendi su tre fasce di merito: insegnanti bravi, mediocri e scadenti, non sarà possibile procedere con i tavoli negoziali. Altra questione bisognosa di un chiarimento propedeutico è la definizione di quali siano le competenze della contrattazione e quali quelle delle norme: ritorneremo ad una prevalenza dei contratti (con un potere reale di contrattazione dei sindacati) oppure le leggi (calate d’imperio dall’alto) potranno continuare a calpestare i diritti dei lavoratori? Quindi al momento possiamo solo dire: tanto fumo e niente arrosto.

Chiarito che l’intesa siglata è semplicemente un impegno politico e che la strada per arrivare al rinnovo del contratto risulta ancora lunga e piena di ostacoli e di insidie, all’ostentazione plateale (pre-elettorale?) di tanto entusiasmo sarebbe preferibile un atteggiamento quanto meno guardingo e prudente.

Ed ora facciamo un po’ di conti: se i fondi destinati al pubblico impiego ammontano ad un miliardo e mezzo, nei quali rientrano anche le assunzioni del personale, per il contratto vero e proprio rimarranno 900 milioni che, divisi per  3 milioni di lavoratori del settore, si tradurrebbero in circa 30 €  lordi a testa, 20 € netti!!! Non ci sembra il caso di festeggiare.

Michela Gallina