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Categoria: Dicembre 2016
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Numero 197, pag 3 - Dicembre 2016

É destinata a far molto discutere la sentenza pubblicata dalla Corte di Cassazione in data 7 novembre 2016.

La Suprema Corte infatti, mentre riconosce il diritto dei lavoratori a tempo determinato ad avere delle progressioni di carriera per gradoni al pari dei docenti di ruolo, confermando quindi le loro richieste di risarcimento per gli arretrati stipendiali, ne disconosce il diritto alla stabilizzazione

(da cui paradossalmente deriverebbe proprio quello alla ricostruzione di carriera) e sostiene la legittimità della reiterazione di contratti a tempo determinato per  più di 36 mesi su posti di organico di fatto ed anche la legittimità della reiterazione delle supplenze su posti in organico di diritto (posti vacanti e disponibili) ma, solo in questo caso, per non più di 36 mesi. Il diritto a godere della progressione stipendiale per gradoni è garantito, come più volte ricordato nel passato,  dalla normativa europea che non consente discriminazioni di trattamento fra docenti di ruolo e precari, quindi non consente agli stati membri di applicare condizioni di lavoro sfavorevoli per i lavoratori a tempo determinato.

L’indennizzo riconosciuto va da un minimo di due mensilità e mezzo ad un massimo di 14 (in rapporto al numero e alla durata dei contratti) con ulteriori maggiorazioni per chi ha una lunga storia di precariato, a meno che, nel frattempo, i docenti non siano stati assunti in ruolo, evento che farebbe decadere il diritto a questo rimborso, fermo restando il diritto agli arretrati stipendiali. Se possiamo riconoscere l’aspetto positivo del pronunciamento della Cassazione il quale rende definitive le sentenze di grado inferiore che hanno stabilito il risarcimento per il mancato riconoscimento della carriera, purtroppo però dobbiamo riscontrare come non risolva il problema della stabilizzazione, deludendo in questo caso le aspettative di un buon numero di precari.

Avv. Innocenzo D’Angelo e Michela Gallina