Numero 197, pag 4 - Dicembre 2016

Anche le maestre sono donne?

In una sola settimana hanno chiesto aiuto al sindacato ben sette insegnanti, alcune di scuola dell’infanzia e altre della primaria.

 

 

Il fenomeno delle maestre picchiate sta ampliandosi sempre più: bambini piccoli e piccolissimi che non sanno riconoscere e controllare la rabbia, l’esagerata reazione a frustrazioni anche minime, che non riescono ad accettare la vicinanza di coetanei con i quali almeno condurre una vita parallela se non di collaborazione, che non tollerano regole pur elementari di convivenza o di gioco, tendono a scappare (dall’aula, dall’edificio scolastico), si ribellano a richieste pur legittime da parte degli adulti, siano insegnanti siano collaboratori scolastici e persino Dirigenti scolastici, disconoscendone ogni autorità ed autorevolezza.

Ognuno può cercare colpevoli o semplicemente cause: la famiglia inesistente, la permissività e la società in generale, i valori che non esistono più, le maestre e l’organizzazione scolastica inadeguate ….

Certo è che l’accoglienza e l’inclusione sono pagate a caro prezzo e difficilmente riescono nei meritevoli intenti, forse proprio perché tanti fattori concorrono a rendere la situazione ingovernabile in quella “palestra di vita” che è la scuola, quale prima ed emblematica piccola società (civile?).

Se i bambini picchiatori e violenti non vengono  formati in tempo utile a controllare l’aggressività, ad accettare limiti ed a porsi positivamente nei confronti degli altri, ad impegnarsi anche con fatica, non possiamo illuderci che “crescendo capiranno”: dobbiamo attivarci fin da subito, proprio per il bene dei bambini e della futura società.

- Che fare? -  chiedono i colleghi picchiati.

I docenti dovrebbero, innanzi tutto, parlarne tra loro, nei Consigli di Interclasse/Intersezione con la sola presenza degli insegnanti; nei Collegi de i Docenti, dovrebbero documentare e stendere osservazioni sistematiche precise su ciò che avviene prima-durante-dopo le aggressioni. Non si deve nascondere il problema e sperare soltanto che suoni il campanello liberatorio della fine delle lezioni, ma predisporre tutto ciò che può essere utile per intervenire in modo opportuno ed efficace per affrontare le difficoltà, con la collaborazione più stretta possibile con la famiglia e con le altre agenzie educative presenti nella vita dei bambini.

Anche la Scuola spesso rimanda, non sa come intervenire, perde tempi preziosi e gli insegnanti scrupolosi – che pure hanno segnalato quanto avviene, per iscritto e come di dovere, ai loro Dirigenti – continuano ad essere picchiati, nell’indifferenza di chi dovrebbe attivarsi.

Esistono però normative precise in merito all’ambiente di lavoro che non deve essere “pericoloso”:

  1. l’art. 2087 del Codice Civile stabilisce che il datore di lavoro (il Dirigente scolastico, nel nostro caso) deve garantire l’incolumità fisica del lavoratore, adottare tutte le misure atte a salvaguardare chi presta la propria attività lavorativa alle sue dipendenze. Spetta pertanto al lavoratore provare l’esistenza del danno e la nocività dell’ambiente di lavoro. Ne deriva l’opportunità di chiamare subito il 118 o di recarsi al Pronto Soccorso di un ospedale, per la certificazione delle lesioni, degli ematomi, della abrasioni, di tutti i segni dovuti al bambino picchiatore. Spetterà al Dirigente scolastico l’onere di dimostrare di aver adottato tutte le cautele necessarie per evitare il danno.
  2. Stress Lavoro Correlato: dal gennaio 2011 i Dirigenti sono stati chiamati a redigere un documento per la prevenzione di questo rischio. Lo stress è quello stato che si accompagna a malessere e disfunzioni fisiche, psicologiche e sociali, se le persone non si sentono in grado di rispondere adeguatamente alle richieste o alle attese nei loro confronti. Ciò ha tanto più rilievo se gli adattamenti richiesti al lavoratore sono protratti nel tempo, nel caso non si riesca a reagire in modo efficace ed efficiente agli stimoli esterni e di porre attenzione alle esigenze dell’ambiente. Un’esposizione prolungata a fattori stressogeni può essere di rischio per la salute dell’individuo, sia di tipo psicologico che fisico, riducendo l’efficienza sul lavoro (assenteismo, malattia, domande di trasferimenti...).

Dopo aver richiesto inutilmente la compresenza/contemporaneità di colleghi a disposizione, l’assegnazione vicino alla porta dell’aula di un collaboratore scolastico, la riduzione della permanenza a scuola dell’alunno (specialmente per i picchiatori iscritti al tempo pieno), la presa in carico del nucleo familiare da parte dell’assistenza sociale, il supporto psicologico per i genitori, la terapia vera e propria per l’alunno (nel caso sia indispensabile), la copertura totale dei cosiddetti educatori … non resterà altro che scrivere al Giudice tutelare dei minori della provincia di competenza che “non si può garantire l’incolumità degli alunni della classe … con l’assunzione delle responsabilità civili e penali che competono ai docenti.” In tal caso, normalmente, quasi tutti si danno da fare.

Ricordiamoci, inoltre, che siamo pubblici ufficiali mentre espletiamo il nostro lavoro e, mentre possiamo tollerare come “gergo giovanile” certe parolacce, non è altrettanto accettabile l’aggressione fisica e la rabbiosa e urlata minaccia di morte.

      Giuliana Bagliani